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Lo scontro bellico rappresenta una minaccia senza precedenti
«L’unico, autentico passo avanti nel conflitto ucraino è mettervi fine. Ora». Non ha dubbi Jeffrey Sachs, economista statunitense tra i più noti e pioniere negli studi sullo sviluppo sostenibile. Per questo, il docente e direttore dell’Earth Institute della Columbia University è stato chiamato dall’Onu a guidare il Leadership council del Sustainable development solution network. La rete include oltre 1.600 istituzioni scientifiche, accademiche, imprenditoriali e della società civile impegnate nel coniugare produzione e giustizia, sociale quanto ambientale. E svolge una funzione di consulenza per le Nazioni Unite, sotto la cui egida opera da dieci anni. Come tali, gli esperti – guidati dal presidente Sachs – hanno preso carta e penna e hanno voluto manifestare agli Stati membri e ai leader dell’organizzazione le loro forti preoccupazioni per la guerra innescata dall’aggressione russa all’Ucraina. Lo scontro bellico rappresenta una minaccia senza precedenti per il raggiungimento degli obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi contro il cambiamento climatico. «Impedisce di risolvere le crisi globali esistenti, prima fra tutte l’emergenza Covid», ancora in corso in ampi pezzi di mondo, si legge nell’appello del Leadership council.
La guerra tra Mosca e Kiev, inoltre, «compromette gli sforzi per far uscire dalla povertà centinaia di milioni di persone, arginare i problemi ecologici sempre più acuti e mitigare il cambiamento climatico. Al centro della soluzione ci deve essere la pace e la cooperazione attraverso il dialogo e la diplomazia. Ogni nazione deve assumersi il ruolo di accelerare i negoziati per fermare questo orribile massacro», si approfondisce nel documento che chiede all’Assemblea generale di adottare, «all’unanimità e senza eccezioni», una risoluzione urgente per arrivare quanto prima a una pace negoziata. «Questa deve rispettare le esigenze e la sicurezza dell’Ucraina, della Russia e dell’intera comunità internazionale – spiega Sachs –. Kiev e Mosca devono negoziare un accordo basato sulla neutralità ucraina e la sua integrità territoriale, garantita dalla comunità internazionale.
La diplomazia, in linea con la Carte delle Nazioni Unite, è l’unica prospettiva» Professor Sachs, perché è così convinto nella soluzione diplomatica alla guerra?
Non è possibile pensare di sconfiggere militarmente un Paese con 1.600 testate nucleari attive. Si sta giocando con la sopravvivenza dell’umanità. Ripeto: dovremmo negoziare una pace che preveda la neutralità ucraina e il non allargamento della Nato.
Eppure le parti – e anche molti leader occidentali – sembrano convinte di poter risolvere il conflitto con l’impiego di armi sempre più pesanti. Che ne pensa?
Armamenti più letali non sconfiggeranno la Russia. Al contrario, rischiano di causare un’escalationnucleare e di provocare ulteriori devastazioni.
E a pagare il prezzo più alto sarà l’Ucraina, devastata da queste armi sempre più pesanti anche se nel breve periodo riusciranno a rallentare o a fermare l’avanzata di Mosca.
Quale impatto ha la guerra sullo sviluppo mondiale?
Gli effetti del conflitto e delle sanzioni sono terribili. I prezzi del cibo e delle altre materie prime lievitano, il credito si riduce come le economie delle principali nazioni.
Lei continua a sottolineare la necessità di una soluzione diplomatica. Ma l’Onu è ancora uno strumento adeguato per trovarla o non sarebbe necessaria una sua riforma?
Il Consiglio di sicurezza, nella sua forma attuale, deve, per prima cosa, raggiungere un accordo di pace il più presto possibile. E tale intesa deve prevedere la garanzia della sovranità ucraina, la sua neutralità e il ritiro delle truppe russe dal Paese. E questo deve essere fatto ora. Poi, di certo, nel prossimo futuro, dobbiamo rafforzare l’Onu garantendogli un budget maggiore, allargando il Consiglio di sicurezza e un maggior rispetto del diritto internazionale da parte degli Stati membri. È anche necessario immaginare una maggior cooperazione regionale e interregionale. Penso all’America Latina, all’Asia del Sud, all’Unione Europea, all’Africa, all’Asia orientale