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Bobin: la morte rimossa è una pila di sedie
«Non vivo mai un giorno senza pensare alla morte poiché il mio pensiero è sempre rivolto alla vita. È la fragilità di questa vita che la illumina al meglio. Me la rende preziosa». E ancora: «La morte è il regno della grande delicatezza». Non aveva certo in mente la brutalità e l’orrore della guerra Christian Bobin quando così si esprimeva pochi anni fa in una lunga intervista incentrata sul tema della morte e della sua rimozione nella nostra società. Quel testo ora esce in italiano per Animamundi edizioni col titolo Un azzurro che non mente più (pagine 80, euro 10,00) in una collana, pubblicata in collaborazione con la fraternità di Romena, che raccoglie molte opere dello scrittore-eremita francese, uno dei più amati e popolari Oltralpe. Dopo Francesco, infinitamente piccolo egli è divenuto noto al grande pubblico, anche italiano, per i suoi scritti che mescolano meditazione e poesia, afflato religioso e quotidianità. Ritiratosi da qualche tempo in mezzo alla campagna francese, precisamente a Le Creusot, in Borgogna, in una casa in mezzo al bosco, ci ricorda, come ha detto recentemente sul quotidiano, La Croix – che «occorre rimettere al centro vitale della nostra società coloro che servono, coloro che rammendano senza fine il tessuto dell’esistenza, coloro che non vivono in base ai budget e alle slide».
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