Diocesi
Ripartiamo dai ragazzi, i prediletti di Gesù
La Messa a Montenero con i ragazzi e gli insegnanti di religione
Nel giorno in cui la Chiesa festeggia la Solennità di Ognissanti, il vescovo mons. Giusti ha celebrato una Messa per l’inizio dell’Anno Accademico e di quello Scolastico, alla presenza di bambini, ragazzi ed insegnanti di religione. Un’attenzione significativa verso il mondo della scuola, che scaturisce dalla consapevolezza che essa rappresenti il futuro; non solamente il futuro del singolo studente, che dopo il diploma o la laurea riesce a far carriera, si va ben oltre: la Scuola rappresenta il futuro della società. Perché sì, vi si imparano addizioni e moltiplicazioni, analisi grammaticale e logica, ma soprattutto, vi si apprendono valori come il convivere (nel senso proprio di “vivere con”). È fra i banchi di scuola che si impara (si dovrebbe imparare) il rispetto per l’altro, è qui che – facendo uno scatto ulteriore – si impara ad amare l’altro, a considerarlo un fratello, una sorella, una persona con eguale dignità rispetto alla nostra. Già: così dovrebbe essere, ma… così spesso non è. Il Vescovo, durante l’omelia di Ognissanti a Montenero, ha citato infatti un caso di cronaca: un ragazzino che ha ucciso una ragazza perché non poteva accettare il suo rifiuto. Cos’è tutto ciò?! Monsignor Giusti lo ha detto apertamente, senza giri di parole: «È opera di Satana», di quel Demonio cui la società è sempre più in preda. Ecco allora che quella speciale comunione spirituale che lega ogni insegnante di religione al proprio Vescovo è fondamentale, così come preziosa è l’attenzione che Mons. Giusti riserva al mondo della Scuola. Perché episodi come quello riportato non accadano più, perché nessuna famiglia abbia più a piangere la scomparsa di un ragazzino o di una ragazzina.
Ma per far questo occorre – per usare un’espressione dello stesso Vescovo – educare il cuore: ad amare, ad accettare un no, all’abnegazione, alla consapevolezza che la logica del Vangelo (faro che illumina sempre la nostra esistenza) è sì capovolta rispetto a quella del mondo; è sì impegnativa, ma «porta frutto». Ed è qui che viene in rilievo il ruolo dell’insegnante di religione, in quella sua missione che promana per mandato della Chiesa e che, come un fascio di luce che entra dentro un prisma, ne esce scomposto per vedere separatamente, in rifrazione, i colori di cui è composta.
Il Vescovo conferisce l’incarico all’insegnante: egli scompone quel fascio di luce per farlo giungere a tutti i suoi studenti, soprattutto per insegnar loro, nella logica delle Beatitudini del Vangelo (che si legge proprio ad Ognissanti perché – come ha sottolineato il Vescovo – in esso vi è «l’identikit di Gesù» e, perciò, l’identikit del modello di Santità per antonomasia) a riconoscersi poveri in spirito, perché se manca questa consapevolezza del bisogno di Dio, manca il presupposto di base.
La Chiesa livornese si è così trovata unita nella gioia, nella consapevolezza, nella condivisione di una missione. Ed è assai significativo che ciò sia avvenuto il giorno di Ognissanti: quando la Chiesa Universale festeggia solennemente la propria unione d’amore con quella Celeste. Oltre a questa gioia si è consumata anche la gioia della comunione fra il Vescovo e gli insegnanti di Religione. Non un caso. Il Vangelo delle Beatitudini come strada per la santità. Non un caso. Perché nulla è “per caso”, ma tutto è espressione di un preciso disegno di Dio, che ama l’uomo e ama farsi amare dall’uomo; che lo vuole salvo, libero dalla schiavitù e dalla corruzione del peccato, risplendente della luce della dignità di Figlio di Dio. Questo dobbiamo trasmettere ai nostri bambini e ragazzi, a maggior ragione visto e considerato il fatto che i piccoli sono sempre stati i prediletti del nostro amato Dio, il Signore Gesù Cristo.
guarda le foto di Antonluca Moschetti