Berlinguer. La grande ambizione

Il film di Andrea Segre

Roma 1972, Enrico Berlinguer alla guida del PCI è impegnato in un difficile percorso di rinnovamento, tanto nel suo partito quanto nella politica italiana. Anzitutto sta cercando di smarcarsi dall’influenza sovietica per guardare a un modello di azione di respiro europeo, più indipendente. Dall’altro lato, la sua attenzione è rivolta al Paese, dove vede montare disparità e crisi del sistema democratico. Forte di un pensiero proteso a un’idea di uguaglianza sociale, inizia a tessere con Aldo Moro, alla guida della DC, l’audace progetto del “compromesso storico”: un governo condiviso. Resistenze e opposizioni si manifestano nei palazzi del potere e nella società, fino a divampare in azioni terroristiche irreparabili…

Valutazione Pastorale della Commissione CEI

Veneto, classe 1976, il regista-sceneggiatore Andrea Segre si è formato come documentarista prima di esordire nel lungometraggio nel 2011 con “Io sono Li”. Il suo cinema è scandito da una chiara presenza di temi sociali e forse è proprio per questo che ha sposato con convinzione il progetto dedicato a Enrico Berlinguer, storico segretario del PCI, in carica dal 1972 al 1984. Nel 2024 ricorrono i quarant’anni dalla sua morte ed è la giusta occasione per tornare ad approfondire la sua figura in relazione alle complesse pagine storico-politiche del tempo, segnate da incertezza economica, tensioni internazionali legate alla polarizzazione della Guerra fredda e da una crescente escalation terroristica culminata con il rapimento e l’omicidio del segretario della DC Aldo Moro. Così è nato “Berlinguer. La grande ambizione” diretto da Segre su un copione firmato insieme allo sceneggiatore Marco Pettenello (ha scritto gli ultimi film di Carlo Mazzacurati e “La chimera” di Alice Rohrwacher). Protagonista Elio Germano, affiancato da Elena Radonicich, Paolo Pierobon, Roberto Citran, Andrea Pennacchi, Giorgio Tirabassi e Fabrizia Sacchi. La storia. Roma 1972, Enrico Berlinguer alla guida del PCI è impegnato in un difficile percorso di rinnovamento, tanto nel suo partito quanto nella politica italiana. Anzitutto sta cercando di smarcarsi dall’influenza sovietica per guardare a un modello di azione di respiro europeo, più indipendente. Dall’altro lato, la sua attenzione è rivolta al Paese, dove vede montare disparità e crisi del sistema democratico. Forte di un pensiero proteso a un’idea di uguaglianza sociale, inizia a tessere con Aldo Moro, alla guida della DC, l’audace progetto del “compromesso storico”: un governo condiviso. Resistenze e opposizioni si manifestano nei palazzi del potere e nella società, fino a divampare in azioni terroristiche irreparabili… “Ho deciso di misurarmi con questa sfida – ha indicato il regista – e due sono stati i cardini che mi hanno aiutato ad arrivare fin qui: da una parte il rispetto della serietà e della sobrietà di Enrico, dall’altra la scelta di non imitare mai, ma di provare sempre a capire. Raccontare la politica non attraverso slogan e simboli, ma immergendosi nella vita di chi la sente parte irrinunciabile dell’esistenza. Aver scelto Elio Germano come protagonista è stato essenziale, perché sapevo che anche lui avrebbe lavorato per comprendere e non per rappresentare”. Andrea Segre ha voluto raccontare Enrico Berlinguer tra pubblico e privato, restituendo il ritratto di un uomo a tuttotondo, fermo nelle sue idee e valori tanto negli scranni del Parlamento quanto nelle stanze di casa, con i suoi quattro figli Bianca, Maria, Marco e Laura. Un uomo retto negli ideali, ma morbido, aperto, nella prossimità umana, nell’incontro con i militanti di partito e gli “avversari” politici. Segre ci racconta l’ambizione di Berlinguer, quella di contribuire a (ri)disegnare una società italiana più giusta e responsabile, governando le crescenti disparità economico-sociali. Un sogno che ha condiviso con Aldo Moro. A bene vedere, il film di Segre elegge due protagonisti, Berlinguer e Moro, due “mosche bianche” in un sistema politico polveroso e asfittico, incapace di concepire e sposare il cambiamento. Loro due vengono tratteggiati come idealisti, due politici marcati da gentilezza e ascolto, in un ginepraio di giochi di potere, intercettazioni e invidie mascherate. Un progetto di collaborazione spezzato anzitempo dall’uccisione di Moro. Nell’insieme, “Berlinguer. La grande ambizione” risulta un film attento e composto, desideroso di richiamare il trasporto politico del decennio ‘70 e al contempo tutti gli elementi di complessità e amarezza ad esso collegati. Un ritratto in chiaroscuro meticoloso, qua e là anche un po’ nostalgico, ma governato comunque con prudenza. Il copione non sempre gira scorrevole, ma va detto che la materia è di non facile controllo. Ottima la prova di Germano come pure di Roberto Citran. Consigliabile, problematico, per dibattiti.