cinema
Iddu. L’ultimo padrino
Il film di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza
Sicilia anni Duemila, Catello è un ex preside di scuola, che dopo incarichi in politica come sindaco e consigliere, è finito agli arresti per collusione con la malavita. Uscito di prigione i Servizi segreti gli offrono una possibilità di “riscatto”, ovvero di aiutarli a incastrare il super latitante Matteo. Un’occasione ma anche una sfida che può compromettere la famiglia e la stessa vita di Catello…
Valutazione Pastorale
Il loro film rivelazione è stato “Salvo”, vincitore del Grand Prix della Settimana internazionale della critica al Festival di Cannes nel 2013. Il duo Fabio Grassadonia e Antonio Piazza si presenta per la prima volta in Concorso alla Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2024) con un altro sguardo sulla Sicilia, tra denuncia e provocazione. È “Iddu. L’ultimo padrino”, film targato Indigo e Rai Cinema, nelle sale dal 10 ottobre. È la storia del boss mafioso Matteo Messina Denaro, tra cronaca e inserti di finzione, in una personale rilettura dei due autori. Protagonisti Toni Servillo ed Elio Germano. Comprimari Daniela Marra, Barbora Bobulova, Giuseppe Tantillo, Fausto Russo Alesi e Antonia Truppo. La storia. Sicilia anni Duemila, Catello è un ex preside di scuola, che dopo incarichi in politica come sindaco e consigliere, è finito agli arresti per collusione con la malavita. Uscito di prigione i Servizi segreti gli offrono una possibilità di “riscatto”, ovvero di aiutarli a incastrare il super latitante Matteo. Un’occasione ma anche una sfida che può compromettere la famiglia e la stessa vita di Catello…
“L’idea iniziale di questo film – indicano Grassadonia e Piazza – è nata dalla lettura dei numerosi pizzini ritrovati nel corso della lunga latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro. (…) Traendo libera ispirazione dai pizzini, Iddu racconta il carteggio fra Matteo, principe riluttante di un mondo insensato, e Catello, maschera grottesca di solare amoralità. Con Matteo e Catello ci immergiamo nel vuoto dentro il quale un popolo sguazza”. I registi non perdono la loro carica di denuncia graffiante, mettendo da parte solo la dimensione poetica vista in “Salvo” a favore di un sarcasmo nero affidato alla performance di Servillo, alla sua caratterizzazione del perdente Catello. Lui è un faccendiere caotico e carrierista, che si ritrova ai margini della società politica siciliana, senza più nulla. Per rimettersi in pista, riabilitarsi, finisce in un gioco più grande di lui: tendere una trappola al boss Matteo (Messina Denaro). In una girandola di intuizioni e misere astuzie, Catello sale in una giostra (auto)distruttiva che non controlla, mietendo solo danni e sofferenze. Grassadonia e Piazza descrivono le stanze del potere della malavita, ma anche delle istituzioni italiane, con uno sguardo livido attraversato da lampi tragicomici. Un mondo gattopardiano senza soluzioni né evoluzioni. Una realtà misera e grigia, abitata da vinti. Film di valida tempra e stile incisivo che però non brilla del tutto, lasciando intravedere le crepe di un copione non pienamente solido. Ottimi gli interpreti. Complesso, problematico, per dibattiti.