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A proposito di ripresa
C’è una responsabilità comune. Ed è quella di rendere il Piano nazionale di ripresa e resilienza «un’opportunità unica di gettare le fondamenta per il futuro del nostro Paese». È proprio per questo che il cantiere Recovery plan «necessita di attenzione particolare rispetto ad alcuni limiti del piano stesso ». È una sfida a cui tutti sono chiamati a partecipare, per arrivare ad una comunità solidale, all’accesso per i diritti delle persone fragili, per far crescere il dialogo sociale, «riaffermando alcuni valori della Costituzione che sembrano ancora pesare meno di altri».
Con questo spirito Caritas Italiana ha lavorato al nuovo dossier Avere cura di una Repubblica imperfetta. Contributo al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), percorso di riflessione, analisi e proposta, il secondo dedicato al tema dopo quello dello scorso aprile e aggiornato alla luce degli interventi sul testo da parte del governo Draghi. Un work in progress, visto che il testo attende il via libera definitivo della Commissione europea e non sono state ancora pubblicate le schede di lavoro sui progetti, per offrire innanzitutto «un metodo di lavoro». Questo perché «la sfida è rimuovere le cause delle criticità, non curare a valle gli effetti ». Si tratta, in sostanza «di costruire una Repubblica all’altezza dei suoi valori costituzionali, vissuti come habitus profondo e non come vestiti della festa».
E di comprendere a pieno che c’è un altro «cantiere di riforma implicito dentro al Piano: quello di una governance sussidiaria che definisce tempi, luoghi e modalità di interlocuzione tra corpi intermedi e amministrazioni a tutti i livelli». L’ente pastorale della Cei in cinque capitoli analizza in particolare la ‘Missione 5’ e i temi del sociale e lavoro, la ‘Missione 6’ collegata alla salute, ma evidenzia anche ciò che manca, a partire dalle questioni legate alle disuguaglianze, la riforma fiscale, il commercio internazionale e quello delle armi. Tra i limiti rilevati nel documento consegnato dal governo Draghi a Bruxelles, c’è infatti la mancata integrazione tra i vari aspetti della sostenibilità «sostanzialmente esaurita all’interno di un’idea di transizione verde».
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