Parrocchie
Don Quilici esempio per i giovani
In questi giorni ricorrono i 180 anni della morte di Don Giovanni Battista Quilici. Il 10 giugno del 1844 all età di 53 anni, improvvisamente il prete livornese, scomparve a causa di un grave malore lasciando nella angoscia e nella disperazione una intera città come si può apprendere dalle cronache del tempo.Don Giovanni visse in una Livorno molto complessa e conflittuale caratterizzata da povertà e miseria. Persone senza lavoro, con poche risorse economiche per vivere, giovani ragazze costrette a prostituirsi, bambini poveri costretti a vivere per strada. Don Quilici leggendo la realtà del suo tempo, interpreto’ il suo ruolo di prete e di parroco uscendo dalla sacrestia e andando oltre le sacre liturgie. Cominciò infatti a condividere le difficoltà e le speranze di tanti livornesi mettendosi al servizio del caro prossimo. E la sua tonaca divenne visibile e credibile fra la povera gente dei quartieri adiacenti il porto, rappresentando per molte persone un importante segno di conforto e di speranza. Tre sono i verbi in particolare, che caratterizzarono la vita del sacerdote livornese. Consolare, Istruire, Aprire la mente ed il cuore. E così fece … Don Giovanni si mise al Servizio delle persone più fragili cercando non solo di dare loro del “pane” da mangiare, ma cercando di assicurare loro un lavoro ed una istruzione e per aiutarli a costruire una speranza ed un futuro.Così fondò l’istituto della Maddalena, capace di accogliere più di 300 “fanciulline” a cui assicuro’ sostegno, protezione, istruzione. Da giovane prete entrò nel carcere di Livorno e cercò di migliorare le condizioni dei detenuti e delle stesse guardie. Mai si chiuse alle sofferenze dei fratelli , pagando anche di persona avendo come riferimento sempre e solo Gesù di Nazareth . Affidò la sua opera ad un gruppo di giovani donne coraggiose , che presto divennero la sua Congregazione e che ancora oggi a Livorno ed in altre parti di Italia e del Perù ,continuano con coraggio e determinazione a portare avanti la sua opera. Di Don Giovanni oggi resta nella sua Livorno il nome di una via, ( via Quilici)l istituto della Maddalena che fondò, una targa in via dei Mulini nella casa dove nacque e soprattutto la Congregazione delle Figlie del Crocifisso e con loro un gruppi di laici, che cercano di dare continuità alle opere del prete livornese. La chiesa lo ha dichiarato Venerabile ed è tuttora aperta una causa di beatificazione. Che senso ha ricordare una persona pur, “santa” scomparsa 180 anni fa? Può essere solo un segno di rispetto e di riconoscenza o la sua memoria o può ancora essere un valore per questa città e e per tutta la chiesa ? Cosa potrebbe chiedere Don Giovanni ai livornesi? Sicuramente la figura di questo uomo e sacerdote è da restituire alla memoria dei Livornesi E non come una figura da incorniciare in un santino. .. Giovanni Battista Quilici ha infatti tracciato una strada e forse chiederebbe ancora oggi alla sua città, di continuare ad impegnarsi a favore delle persone più sole ed emarginate. Don Quilici ci chiederebbe di comprendere che qualunque progetto di aiuto passa attraverso azioni di giustizia e di promozione umana. Chiederebbe ai tanti cristiani di riandare alle radici della Fede e di rimanere ancorati a Gesù di Nazzaret ed alla sua Parola. Chiederebbe a questa città (ma non solo ad essa!) di non dimenticare le persone che cercano una speranza oltre il carcere, chiederebbe alle comunità civili e religiose di mettersi accanto alle tante donne che ancora oggi pagano il costo di una cultura spesso maschilista e violenta e dove tanti bambini e ragazzi vivono sulla loro pelle ,la fragilità affettiva e la povertà educativa delle proprie famiglie.E Giovanni Battista Quilici chiederebbe a tante persone di buona volontà , credenti e non, di continuare, nonostante le difficoltà, a creare le condizioni perché questa città (e non solo Livorno ) possa crescere nella giustizia nella solidarietà e nella accoglienza.Come ai tempi del Quilici oggi nelle nostre città e nelle nostre comunità, c è bisogno di consolazione e compassione. Questo vuol dire avere uno sguardo attento ai bisogni di chi ci sta accanto, vuol dire essere più tolleranti e capaci di vivere con più cura e tenerezza le nostre relazioni. C è ancora bisogno di istruzione e di formazione, per creare le condizioni perché tutti possano crescere, nessuno escluso, apprendendo quegli strumenti indispensabili oggi per costruire una professione ed inserirsi nel mondo del lavoro. Don Giovanni oggi avrebbe sicuramente un pensiero di accoglienza verso le tante persone disperate che arrivano nei nostri porti , alla ricerca di un futuro diverso. E chiederebbe ai tanti cristiani di impegnarsi perché le comunità cristiane possano essere laddove si “gioca” la vita delle persone per poter condividere le fatiche e le speranze di tanti sopratutto delle persone più in difficoltà. Don Giovanni da vero livornese amava livorno, le sue colline, il mare, e la Madonna di Montenero. Possa la vita di Don Giovanni ancora a distanza di 180 anni illuminare la vita di questa città e di tutte le comunità e colorare di speranza, con lo stesso colore del sole e del mare e delle colline di Livorno, la vita di tanti livornesi, sopratutto delle persone più povere, che chiedono la possibilità di una vita migliore per sé e per i propri figli.