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Anche la preghiera più debole è forte
Spesso quando preghiamo dimentichiamo che la nostra concezione del tempo è diversa da quella di Dio, che non sappiamo neanche cosa sia meglio per noi. Non a caso i Vangeli, soprattutto in san Luca, invitano alla perseveranza, a insistere anche se ci sembra che le nostre richieste restino ascoltate. In realtà in molti casi si tratta solo di aspettare la giusta maturazione delle cose, dopodiché, come dice la Scrittura, i muri potranno cadere, le tempeste essere fermate, la guerra sradicarsi dai nostri cuori. Perché a mano a mano che entriamo in dialogo con il Padre, impariamo, almeno un po’, a ragionare come Lui. Lo sapeva bene Aleksandr Vladimirovič Men’, prete ortodosso russo, ucciso nel 1990, a 55 anni mentre andava a celebrare la Divina Liturgia. Coraggioso apostolo del dialogo, formatore di tanti giovani, autore di moltissime pubblicazioni, Men’ in questa breve riflessione spiega anche perché la scelta del Signore di non mostrarsi in modo evidente è un grande regalo fatto all’uomo.
«Ricorda che anche la preghiera più debole è forte. Non tralasciarla. La fede è come un viaggio sul fiume. Sembra che le rive siano monotone, ed ecco invece all’improvviso una nuova ansa, una nuova scoperta. E tutto fiorisce. Come l’amore, anche la preghiera ha bisogno di essere fortificata ed alimentata, e può crescere. Dio si cela a noi. E proprio questa è la sua misericordia nei nostri confronti. Se egli ci si mostrasse in modo evidente, noi ci sentiremmo come delle formiche, saremmo smarriti. Egli si prende cura di noi finché non arriviamo a incontrarlo. Ma non bisogna mai smettere di bussare alla Sua porta».