La strada dei diritti sociali: cosa c’è nell’agenda di Trieste

Si rischia di perder tempo a parlare di democrazia in modo astratto. Lo si è capito già mercoledì, con gli interventi di Mattarella e Zuppi in apertura della Settimana sociale. Giocare di fino, andare sul sottile, mentre un pezzo largo del Paese, dell’Europa, dell’Occidente democratico reclama l’essenziale. È da ritrovare la strada della «democrazia sostanziale», della piena realizzazione dei «diritti sociali», altrimenti le insidie populistiche avranno gioco facile a produrre, per recuperare ancora le parole del capo dello Stato, «analfabeti di democrazia». La strada e l’agenda dei diritti, dunque, per «amare – e far amare – la democrazia». È la necessità, l’urgenza, che emerge dal primo giorno di lavoro “pieno” a Trieste.

«Una persona senza cibo, senza casa, senza lavoro, senza accesso all’istruzione e alle cure sanitarie, di quale libertà può godere?», si chiede Michele Nicoletti, filosofo e ordinario presso l’università di Trento, nella relazione che introduce i lavori del giorno. Poco dopo prende la parola Annalisa Caputo, docente all’università di Bari: «Se la democrazia è una trama, ogni filo che manca è un buco del tessuto. Per questo, ogni autentica giustizia e ogni autentico impegno non può non ripartire proprio da chi non ha voce, ma che, con la sua presenza, reclama la sua parte: che non significa solo la sua parte di beni, ma la possibilità di partecipazione alla costruzione della casa comune. Non uno scarto da scartare. E nemmeno solo un oggetto da accudire, ma una persona che possa prendersi cura di sé, degli altri, delle istituzioni».

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