Il gusto delle cose

Francia 1885. Eugénie lavora da oltre vent’anni per il famoso gastronomo Dodin. Insieme creano piatti raffinati, deliziosi, che sorprendono i più famosi chef del mondo. Con gli anni l’ammirazione reciproca è cresciuta e si è trasformata in relazione sentimentale. Dodin vorrebbe sposarla, ma Eugénie, temendo che il loro rapporto possa cambiare, rifiuta. L’uomo decide allora di fare qualcosa di assolutamente inaspettato….

Valutazione Pastorale

“Il gusto delle cose” (“La Passion de Dodin Bouffant”) scritto e diretto da Tran Anh Hùng – classe 1962, vietnamita naturalizzato francese, Leone d’oro al Festival di Venezia nel 1995 con “Cyclo” – è stato premiato al Festival di Cannes nel 2023 per la miglior regia. Ispirato al romanzo “La vie et la passion de Dodin Bouffant, Gourmet” di Marcel Rouff del 1924 e alla pubblicazione “La fisiologia del gusto” che Jean Anthelme Brillat-Savarin del 1825, vede protagonisti Eugénie (la premio Oscar Juliette Binoche, sempre eccellente, una garanzia), cuoca da oltre vent’anni del famoso gastronomo Dodin (Benoît Magimel, bravissimo): insieme creano piatti raffinati, deliziosi, che sorprendono i più famosi chef del mondo. Con gli anni l’ammirazione reciproca è cresciuta e si è trasformata in relazione sentimentale. Dodin vorrebbe sposarla, ma Eugénie, temendo che il loro rapporto possa cambiare, rifiuta. L’uomo decide allora di fare qualcosa di assolutamente inaspettato: cucinare per lei. Tran Anh Hùng prepara e “serve” agli spettatori un’opera raffinata, elegante, curata nei minimi particolari (in questo sicuramente debitrice dell’universo visivo di Luchino Visconti).

Una “pietanza” (tanto per restare in tema) il cui sapore è dato dalla perfetta armonia tra gli ingredienti, un piatto che non cancella i singoli sapori, ma li esalta creando qualcosa di originale, unico: scenografie, costumi, una fotografia magnifica e attori al top sono questi ingredienti. E al centro la coppia Eugénie-Dodin, il loro rapporto fatto di complicità professionale e cura reciproca. Si amano, certamente, ma molto di più condividono una grande passione per quello che fanno e si stimano professionalmente, riconoscendo l’uno il talento dell’altro. E forse è proprio questo che spinge la donna a non accettare il matrimonio e a dichiarare, con orgoglio, che vuole essere la cuoca e non la moglie. In un turbinio di pentole, tegami, e gesti che sembrano seguire una precisa ritualità: pulire, tagliare, farcire, insaporire, cuocere, impiattare e servire. Una vera e propria coreografia. Pietanze elaborate, create per stupire e soddisfare i palati più esigenti. Il cibo, dunque, come metafora dell’accudimento, dell’attenzione per l’altro. Perché una tavola imbandita è condivisione, gioia, opportunità conversazione (in questo si rintracciano legami con il poetico “Il pranzo di Babette” di Gabriel Axel del 1987). “Il gusto delle cose” è passato alla 18a Festa del Cinema di Roma (2023) e ha rappresentato la Francia nella corsa agli Oscar 2024. Consigliabile, problematico, per dibattiti.