Diocesi
50 domande sulla fede
Uscito da poco per le edizioni Effatà, il libro scritto dal giornalista Riccardo Maccioni, caporedattore del quotidiano Avvenire, parte da semplici domande per provare a rispondere a tanti interrogativi sulla fede. Lo abbiamo intervistato per capire meglio da dove nasce l’idea di questo libro.
Riccardo, 50 domande sulla fede e soprattutto 50 risposte! Perché hai pensato di scrivere questo libro e perché proprio 50??
Il libro nasce dal dialogo con le persone. Parlando, anche con gli amici, anche con chi frequenta la Chiesa, mi sono accorto che sui temi legati alla religione, e alla fede in particolare si fa parecchia confusione. E così si rischia di perdere o quanto meno di impoverire un patrimonio spirituale, culturale ma anche sociale di valore inestimabile. Il là comunque è venuto da un episodio concreto, da un bambino che chiedeva al padre cosa volesse dire che “gli ultimi saranno i primi”, una frase che aveva sentito a scuola. Le domande (e le risposte) sono 50 non perché il numero abbia un significato particolare ma per poter dare spazio a un ventaglio sufficiente di argomenti. Le domande potevano essere magari dieci o venti con ampia trattazione per ciascuna o cento con brevi flashes. Si è scelto una via di mezzo per rendere il libro agile, smart ma senza togliere spazio agli approfondimenti.
“Che non hai mai osato fare”: il sottotitolo è indicativo… è relativo ad un disagio latente di avere certe risposte? Oppure alla mancata occasione di farle per timore reverenziale? Oppure ad un eccessivo individualismo sul tema, del tipo “la fede è mia e me la gestisco come voglio”?
C’è un po’ tutto questo. Tante volte diamo per scontate verità che non lo sono affatto, pensiamo che tutti gli altri sappiano cose su cui noi abbiamo dubbi per cui evitiamo di fare le domande. D’altronde viviamo in una società che sforna di continuo risposte immediate non perché risolva i problemi ma per non essere rallentata nella sua corsa verso chissà dove. Se però ci fermiamo un attimo e siamo onesti e umili nel chiedere, ci accorgiamo che sono in tanti ad avere i nostri stessi dubbi. E condividerli, tra l’altro, aiuta a combattere un grave pericolo che viviamo nel nostro tempo, quello cioè di confinare la vita dello spirito in una dimensione privata, se non intimistica perdendo del tutto di vista l’aspetto comunitario dell’esperienza religiosa che invece è fondamentale.
Hai usato un linguaggio semplice, giustamente, per arrivare a tanti, ma la Chiesa ancora fatica a usare parole semplici per comunicare la fede, cosa ne pensi?
Faccio il giornalista, la semplicità dovrebbe essere nel Dna della mia professione. E poi se studi un argomento, se ti prepari bene riesci anche a risultare chiaro. Purtroppo, è vero, la Chiesa e chi la racconta spesso cedono al gusto del parolone, all’ecclesialese cioè al linguaggio da addetti ai lavori. E così si finisce per allontanare le persone. Chi non capisce cosa dici certo non ti viene a cercare. Non a caso tra i problemi che emergono dal Cammino sinodale c’è la denuncia fatta da tanti fedeli della lontananza dalla Chiesa, sentita distante da molti. Parlare in modo chiaro è un passo importante per incontrarsi, per conoscersi meglio. Comunque ci sono tantissimi preti e laici impegnati, la stragrande maggioranza, che parlano benissimo e con grande chiarezza.
In tanti anni di giornalismo e di impegni in molti ambiti legati alla fede cristiana, penso anche al tuo impegno nel dialogo interreligioso, chissà quante domande hai ascoltato o ti sono state fatte direttamente… quali sono state le più esilaranti? E quelle che ti hanno messo in crisi?
Sono uno che già da solo si fa tante domande e non si accontenta mai delle risposte ma vuole sempre approfondire, conoscere di più, studiare. Il libro che, ripeto, è semplice, serio ma leggero nasce anche da questa esigenza. Personalmente credo che non esistano domande sciocche ma che siano tutte importanti perché nascono dal di dentro, da noi stessi. Un fatto però mi stupisce sempre, ed è il parallelismo che tanti credenti fanno tra il cristianesimo, il cattolicesimo in particolare e le altre religioni giudicate quasi sempre più “serie”, più rigorose. Quando però fai un confronto tra le dottrine e cosa dovrebbero comportare se venissero seguite bene, il ragionamento cambia. Conoscersi è un requisito fondamentale. In questo senso la domanda che mi inquieta di più è quella che credo si facciano tutti: chi sono io? Con un “di più” legato alla fede: come posso capire qual è la volontà di Dio su di me, e come posso realizzarla?
A chi consiglieresti di leggere questo libro?
Forse posso dire cosa non è questo libro. Non è un catechismo in pillole, non è un trattato di teologia, non è un volume “bigotto”. È invece una pubblicazione agile che prova a rispondere a domande che fanno parte della vita quotidiana della fede, per esempio: perché si fa il segno della croce e cosa significa? L’inferno esiste davvero? Il cristiano può credere nella reincarnazione? Il cattolico è per forza un pacifista? Il prete a Messa beve vero vino? Cosa significa Immacolata Concezione? Chi sono gli angeli? Per rispondere naturalmente faccio riferimento anche al Catechismo, alla riflessione teologica, al Messale, alla vita dei santi. Credo di poter dire che il libro è alla portata di tutti. Può essere anche un punto di partenza per una riflessione più ampia e specialistica visto che su molti di questi argomenti sono uscite decine di studi e tomi alti così. Con questa pubblicazione mi piacerebbe aiutare il lettore a capire meglio lo straordinario patrimonio che è legato alla nostra fede. Vorrei che si chiudesse il libro dicendo: però, credere è bello. Perché Dio ci vuole uomini e donne felici già su questa terra.
“50 domande sulla fede”. Che non hai mai osato fare
Effatà editrice, 128 pagine, 14 euro