Attenti all’emergenza educativa

A una città ancora attonita e costernata, che questo pomeriggio darà l’addio ad Aldo Gioia, geometra di 53 anni dipendente della Fca ucciso venerdì notte dal fidanzato della figlia con la complicità della stessa, il vescovo di Avellino monsignor Arturo Aiello, si è rivolto con una lettera.

Un documento a cuore aperto, che chiama in causa comunità e istituzioni. Il pastore della diocesi di San Modestino ha invitato tutti a fare autocritica senza rifugiarsi in affrettate analisi su un delitto che, nelle intenzioni di Giovanni Limata, disoccupato di 22 anni, ed Elena Gioia, liceale di 18, doveva addirittura diventare una strage con l’uccisione della moglie e dell’altra figlia, come emerge dagli ultimi messaggi che i due si sono scambiati, in possesso degli inquirenti: «No, – ha scritto il vescovo – non voglio unirmi al coro dei tanti che pontificano su un dolore assurdo, né voglio sbirciare nei giorni di una famiglia, un attimo prima della tragedia, normale, alle prese con i problemi di sempre nel difficile dialogo tra generazioni. Sento la città che è attonita, in lacrime. Quel sangue mi chiama, ci chiama in giudizio, ci chiede conto con la domanda più antica che la cultura conosca e che pure nasceva all’indomani di un omicidio: ‘Dov’è Abele, tuo fratello?’».

Un monito che monsignor Aiello rivolge prima a se stesso: «In questa comune e corale ammissione di colpa per il sangue sulla città il vescovo non si tiene fuori, non si limita a benedire, ma è anche lui sul banco degli imputati, con i suoi preti, con la Chiesa di Avellino che egli, indegnamente, rappresenta. Il sangue sulla città interroga la Chiesa e lo Stato con le sue Istituzioni, i responsabili politici e amministrativi, gli uomini di cultura, la Scuola, le associazioni e il volontariato, perché, a furia di vivere d’emergenza (terremoto e post-terremoto, mucca pazza, terrorismo e crollo delle banche, pandemia Covid) hanno dimenticato di fare attenzione all’emergenza educativa».

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