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Un fuoco che non si può spegnere
A 60 anni vive con la trepidazione di un ragazzo i pochi mesi che lo separano dall’ordinazione sacerdotale, spendendosi intanto come diacono in una piccola parrocchia della Marsica abruzzese, a Tagliacozzo, nella diocesi di Avezzano. Quella di Angelo Di Bucchianico, ordinato diacono lo scorso marzo, è infatti una vocazione che il diretto interessato descrive così: «Una vocazione adulta, però nata da un seme piantato tanto tempo fa e che è arrivato a maturazione in questi ultimi quattro anni, dopo un lungo cammino di ricerca».
A metà degli anni ’80 Di Bucchianico inizia un’esperienza con i frati minori conventuali «a cui devo tutta la formazione – dice – non solo teologica e spirituale ma anche umana, stando a contatto con Francesco d’Assisi». «Poi però questo cammino, un po’ perché i progetti del Signore sono imprevedibili e un po’ per la mia esperienza umana, non dico che si è interrotto, ma mi ha portato a mettere in discussione i motivi di quella scelta». Dopo aver lasciato i conventuali, Di Bucchianico torna nella sua Lanciano. È l’Anno Santo del 2000 e inizia subito un’altra esperienza: «Quella molto forte nel campo del lavoro che ha rifondato la mia scelta vocazionale, attraverso la bellezza del condividere la fatica con altre persone, prima come operaio edile e poi metalmeccanico ». Ma, continua Di Bucchianico, fra tutte le esperienze vissute «c’è stato come un roveto ardente dove ho sentito la voce del Signore: la malattia dei miei genitori, il loro amarsi anche nella malattia, rimasti marito e moglie innamorati fino alla fine. Dal loro modo di amarsi ho iniziato a comprendere cosa voleva dire davvero donare la vita per gli altri».
Per dieci anni è stato in fabbrica sperimentando anche la durezza dei contratti a termine e della disoccupazione. «Mi ha molto aiutato il sentirmi nella Chiesa – racconta – con la bellezza del laicato anche nelle piccole cose, e quanto più la scoprivo tanto più diventava forte il desiderio di dire un “sì” rinnovato e totale a Gesù che chiama,e di consegnarsi perché non si può fare da soli».
Allora ecco che sulla sua strada tornano i francescani. «Mi dilettavo con il canto lirico e con il mio coro dovevamo mettere in scena Il barbiere di Siviglia a Tagliacozzo. Chiesi ospitalità per i giorni dello spettacolo ai frati, miei vecchi compagni di studi, e da lì si è riaperto un po’ tutto». Grazie anche a figure di accompagnamento spirituale, è ripreso il percorso per l’ordinazione e lui ha trovato accoglienza dal vescovo di Avezzano, Pietro Santoro. «Certo – conclude il diacono – ci sono stati momenti in cui ho lottato, in cui mi dicevo e mi dicevano: “Ma chi te lo fa fare di rimetterti in gioco a 56 anni?” Ma dentro c’era un fuoco che non potevo spegnere».