Diocesi
Nelle tue mani i nostri tempi
“Nelle tue mani sono i miei tempi”: questo il titolo che don Pier Giorgio Paolini ha voluto dare al tema che avrebbe sviluppato quest’anno negli incontri che, ormai come tradizione da tanti anni, offre come occasione di lettura, spiegazione, riflessione, preghiera a partire dalla Sacra Scrittura.
Da novembre a maggio ogni secondo sabato ci siamo ritrovati presso l’Istituto S. Cuore di Via Cecconi: ore 8.45 recita di lodi; ore 9,15 riflessione di don Pier Giorgio, articolata in più tempi e intervallata da momenti di silenzio; alle 11 in cappella affinché ciò che è stato ascoltato, compreso, accolto nella mente e nel cuore diventi preghiera nella adorazione silenziosa davanti al SS. Sacramento.
Dopo aver dedicato i ritiri degli anni precedenti alla rivelazione di Dio nella Scrittura, nel cammino di quest’anno lo sguardo si è spostato sulla azione di Dio nella nostra vita. Ognuno di noi ha memoria di parole, persone, incontri, eventi che hanno segnato la sua vita. Chi è capace di leggerli alla luce della storia di Dio? Molte volte siamo distratti, superficiali o semplicemente non educati; eppure, anche le nostre piccole storie, apparentemente insignificanti e scialbe, sono inserite nella grande storia dell’umanità e della salvezza e lette alla luce di Dio diventano strumenti di grazia nelle sue mani. Saper cogliere questo è stato l’intento degli incontri.
La prima scuola per entrare in questi atteggiamenti di fondo ci è fornita da alcuni salmi, in particolare il Salmo 30, il Salmo 71 e il Salmo 139 che, ci diceva don Pier Giorgio nel primo incontro, con angolature diverse, fanno prendere coscienza della presenza discreta ma forte e avvolgente di Dio.
La parola forte di Paolo (II incontro) tratteggia due aspetti fondamentali della vita nella fede: nella lettera ai Romani ( 8, 14-30) si mette in evidenza la tensione fra l’opera dello Spirito – una azione dinamica che spinge incessantemente verso il Padre e suscita in noi un anelito profondo verso Dio – e la realtà attuale nella quale sperimentiamo la debolezza, la sofferenza, l’inadeguatezza. C’è però un atto di grande fiducia in Dio perché in Lui tutto concorre al bene e noi, resi conformi all’immagine del Figlio siamo chiamati alla gloria. Nella lettera agli Efesini la chiamata ad una crescita in Cristo nel quale tutto è ricapitolato, tutto ha il suo senso.
Nell’incontro di gennaio la tensione tra agire di Dio e debolezza dell’uomo con il profeta Geremia si fa drammatica: una lotta interiore, tra il Signore che lo costituisce profeta delle nazioni e la resistenza che il profeta oppone, fino all’abbandono totale all’azione di Dio: “Mi hai fatto violenza, Signore, e io non ho opposto resistenza”.
L’esperienza degli apostoli e dei discepoli di Gesù: anch’essi si mostravano incapaci di capire le sfumature e i paradossi – croce e servizio – che la sequela del Maestro chiedeva. Eppure Gesù propone loro un cammino: siete stati scelti per annunciare il Regno… Venite, vedete….fate esperienza di me…custodite le mie parole.. rimanete nel mio amore in un rapporto indissolubile.
Le storie di Pietro e di Paolo offrono della sequela del Signore un paradigma più vicino a noi. Pietro, così come narrato nel vangelo di Giovanni, chiamato ad una identità nuova, è capace di una professione di fede convinta e totale: “Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6, 68-69); è purificato nella lavanda dei piedi dal dialogo con il Maestro; nell’ora del buio e della sofferenza lo rinnega, ma vivrà una piena riconciliazione sulle rive del lago di Tiberiade: Mi ami tu? è l’insistente domanda alla quale Pietro risponde appieno. Paolo, come egli stesso narra, è trasformato dall’incontro personale con Gesù, ed esprime questa appartenenza e questa scelta nel considerare spazzatura tutte le cose al fine di guadagnare Cristo. Conoscere, guadagnare, essere trovato in Cristo sono le tappe che in un crescendo Paolo ha vissuto e che lo proiettano verso il futuro.
Infine la nostra storia. Come dipanare i tanti ricordi, come trovarne il senso nella fede? Le genealogie di Matteo e di Luca ci indicano come il punto centrale di tutto sia Cristo. Ogni uomo, ogni storia, anche la più sconosciuta è orientata a Cristo, in Cristo trova il suo senso ultimo; attraverso lo scorrere delle generazioni, anche a livello inconsapevole, avviene il costante fluire della grazia di Dio. Siamo inseriti in una rete di rapporti: persone che ci hanno preceduto attraverso le quali la grazia di Dio è giunta fino a noi; persone che ci seguiranno, per le quali noi rappresentiamo il canale attraverso il quale la grazia di Dio può raggiungerli.
Un ultimo pensiero molto bello e molto impegnativo: come Gesù, ultimo anello nella genealogia di Matteo, con la sua morte ha riscattato il peccato di alcuni suoi antenati, anche noi, nella misura in cui viviamo la nostra fede nella fedeltà profonda al Signore, “riscattiamo” coloro che la fede non l’hanno vissuta. Sulle nostre persone grava la responsabilità della santificazione di coloro che ci hanno preceduto e di coloro che ci seguiranno.