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Dalle fedi un’«amicizia sociale»
« È fondamentale che le religioni abramitiche, in dialogo tra loro, continuino a disegnare i fondamenti di un nuovo concetto di “cittadinanza” per far fronte alle sfide del terzo millennio e per aiutare il Mediterraneo a tornare ad essere luogo di unione e di bellezza e non più di conflitto e di morte, come abbiamo avuto modo di ricordare a Bari lo scorso febbraio, in occasione dell’incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo, frontiera di pace”». Il segretario generale della Cei, il vescovo Stefano Russo, richiama il grande appuntamento in terra pugliese che ha riunito per la prima volta i vescovi del bacino. Lo fa intervenendo alla conferenza online “Mohammed: in verità di un’immensa grandezza è il tuo carattere” promossa a fine anno dalla Confederazione islamica italiana. Un’iniziativa che, come ben evidenzia Russo, abbraccia «le due sponde del Mediterraneo» nel segno «di una “fratellanza mediterranea” possibile per tutte le donne e gli uomini di questa regione così tormentata ma anche così ricca di Parole di vita per tutta l’umanità».
Si parla di Maometto durante il seminario via web ma anche di incontro fra le fede. Ed ecco la presenza dei «nostri fratelli cristiani ed ebrei», spiega il presidente della Confederazione islamica italiana, Mustapha Hajraoui, ringraziandoli della partecipazione. «Anche se la nostra società sta assistendo da tempo a eventi spiacevoli che contribuiscono all’odio – afferma – vogliamo seminare il bene », consapevoli che «i rapporti umani sono alla base della nostra vita e ci uniscono con tutti i nostri fratelli, aldilà della lingua o della religione». E tiene a far sapere: «La tolleranza, la fratellanza e il rispetto del prossimo che permettono di rendere il mondo un posto migliore sono principi che la nostra Confederazione vuole ribadire in modo forte. Perché le religioni non incitano alla guerra e all’odio ma all’amore, al dialogo, alla convivenza e al rispetto reciproco con tutte le sfumature che compongono la società italiana ed europea».
Un tema che torna nell’intervento di Russo. Su ogni fedele – evidenzia il vescovo – grava «la grande responsabilità» della «fratellanza» che significa «essere promotori di un’amicizia sociale capace di scaldare i cuori delle nostre società in questo momento così difficile per tutti e, soprattutto, per i più fragili e deboli». A cominciare dall’Europa che è chiamata a essere «un ponte tra religioni e culture differenti, valorizzando il contributo delle tradizioni religiose». Così, aggiunge il segretario generale della Cei citando l’enciclica Fratelli tutti, i credenti devono essere consci che «rendere presente Dio è un bene per le nostre società». Allora c’è bisogno non della «testimonianza aggressiva di chi finisce per sostituire se stesso al Creatore», ma di «una testimonianza di servizio forte e, nello stesso tempo, umile, mite e resiliente». Per questo, chiarisce il presule, occorre «rinunciare ai propri egoismi per fare spazio all’altro». È «una sfida che ciascuno di noi deve osare se vogliamo che i fedeli siano davvero segni credibili di fronte all’umanità del nostro tempo».
Invita a «un percorso collaborativo » il rabbino Scialom Bahbout, già capo della comunità ebraica di Venezia. «Solo insieme si possono affrontare e risolvere i problemi», sottolinea. Poi la critica al continente che mette sotto accusa alcune pratiche religiose: ad esempio, secondo il rabbino, la circoncisione o la macellazione rituale. «Una società veramente laica dovrebbe tenere conto delle minoranze. Ciò che manca in Europa è la volontà di conoscere più a fondo le religioni: solo questo permette di dialogare. Non basta restare alla superficie. Come ha detto il vescovo Russo, è necessario riconoscere le radici di ciascuno senza il tentativo di far prevalere la propria idea su quella degli altri».
Guarda all’Italia il politologo valdese Paolo Naso che fa parte del Consiglio per le relazioni con l’islam italiano presso il ministero dell’Interno. «L’islam è la seconda religione nel Paese dal punto di vista numerico ma manca dei riconoscimenti giuridici previsti dalla Costituzione. Si tratta di un problema», avverte. Tuttavia, prosegue, anche «l’islam ha una sua responsabilità verso la Repubblica ». È tenuto a favorire il «dialogo interculturale», l’«integrazione » soprattutto dei migranti anche con l’apporto di «moschee o centri di studio» e la «legalità » contrastando le «radicalizzazioni attraverso un’azione educativa efficace».