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Ru486: una modifica alle linee guida del Ministero della Salute
La Regione Piemonte mette paletti sull’aborto farmacologico: con una circolare indirizzata alle Aziende sanitarie locali e ospedaliere (Asl e Aso) ha stabilito che l’interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486 non può avvenire nei consultori. Ampiamente annunciato, il divieto “piemontese” assesta un colpo alle linee guide nazionali approvate lo scorso agosto dal ministro della Salute Speranza e subito contestate, tra le altre cose, per il coinvolgimento dei consultori nella procedura abortiva, esplicitamente vietato anche dalla Legge 194/1978. La circolare della Regione Piemonte, frutto di un lavoro di verifica di conformità delle nuove linee ministeriali con la legge nazionale, non contesta invece l’ampliamento dei termini dell’Ivg farmacologica a 9 settimane dal concepimento. E nemmeno superano del tutto l’altro punto contestato della linee guide, cioè la somministrazione delle pillole in day hospital, quindi senza permanenza della donna in ospedale: la soluzione trovata dal Piemonte infatti prevede che le modalità di ricovero siano «valutate dal medico e dalla direzione sanitaria». Non un «liberi tutti» come prevede il ministro Speranza, ma nemmeno un richiamo alla necessità del ricovero tout court delle donne fino alla completa espulsione del feto.
Il passaggio forse più promettente della circolare è un altro: richiamandosi all’art. 2 della Legge 194, il più trascurato e negletto (la tutela e l’aiuto alle donne), dispone che all’interno degli ospedali piemontesi siano attivati sportelli informativi gestiti da «idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato», che possono «anche aiutare la maternità difficile dopo l a nascita». A titolo di esempio, vengono citati il Progetto Gemma di sostegno prenatale a distanza e il servizio telefonico Sos Vita, entrambe emanazioni del Movimento per la vita.
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