Questo tempo è ancora troppo pervaso da sentimenti di ira, di collera, di violenza. Soprattutto verbale. Molti usano linguaggi aggressivi che urlano a sproposito e mirano ad impaurire. Si pensi ai continui e nauseanti accanimenti nei confronti dei migranti, degli sbarchi. Mai una pietà silenziosa ma solo un vociare aggressivo accompagnato da urli ripieni di odio che inveiscono contro inermi e contro samaritani anonimi, che non aspirano a piedistalli e a cavalcare poteri ma solo a diffondere il bene e a prodigarsi per chi è in difficoltà. Linguaggi pieni di cattiverie inopportune che feriscono le viscere e penetrano profondamente nell’anima. Si vuole spaventare, dare una immagine sempre negativa del nostro mondo, delle nostre comunità, delle nostre Istituzioni, perfino della Chiesa. Si infondono paure e timori, anche vanificando il prezioso lavoro di Istituzioni preposte a tutelate la sicurezza. Tutto denigrato e sempre considerato “fatto male e sbagliato”. Continui attacchi ingenerosi, senza un’opera di discernimento, senza una obiettività aperta al confronto, al costruire, al fornire il proprio contributo a edificare, a migliorare. Solo ira e rancori che distruggono, che innalzano barriere che segnano confini picchettati e retinati, che rifiutano qualsiasi forma di dialogo, di dialettica. O noi o loro, come se non ci fosse mai possibilità di fare del noi un noi più ampio, più comunitario, più diffuso, capace di aprirsi agli altri, sempre in un’ottica di costruttivo confronto che non innalza barriere ma favorisce ponti. Abbiamo perduto il desiderio della fatica del dialogo, del mite lavoro certosino di tessitori, di ambasciatori dell’accoglienza, di costruttori di pace. “Rancore e Ira sono cose orribili” ci dice il libro del Siracide. Misericordia e mansuetudine siano la nostra profonda aspirazione di uomini e donne ardenti di bene. Miti e pacifici inondino le nostre strade. Non graffi ma carezze accompagnino la nostra quotidianità. Il nostro mondo ne ha urgente bisogno.