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Gender, omofobia e la legge
La Commissione Giustizia della Camera ha adottato il testo unificato della proposta di legge che introduce modifiche al Codice penale aggiungendo la punibilità della «propaganda di idee» e degli «atti discriminatori» fondati «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere». Il relatore di questo pdl detto anti-omotransfobia sarà Alessandro Zan (Pd). L’adozione è passata con il voto favorevole dei partiti che compongono la maggioranza di governo mentre Lega e FdI si sono opposti e Forza Italia non ha partecipato al voto «in segno di apertura». Termine per la presentazione degli emendamenti le 11 di giovedì 16 luglio, mentre l’avvio del dibattito in aula è previsto per il 27 luglio. Il confronto in Commissione si annuncia acceso anche se i tempi molto serrati imposti dalla calendarizzazione in aula a Montecitorio non promettono di consentire mediazioni significative. Carolina Varchi e Ciro Maschio, che in Commissione Giustizia rappresentano FdI, ribadiscono che il testo unificato è «un bavaglio alla libertà d’espressione e di opinione che apre la strada a pericolose derive liberticide». Di opposto avviso è Zan che liquida questa obiezione – sulla quale peraltro nei giorni scorsi si sono mobilitate in decine di piazze di tutta Italia migliaia di persone sotto lo slogan #restiamoliberi – parlando di un atteggiamento «vergognoso», non un viatico promettente per il dialogo parlamentare: «Chi parla di legge liberticida – ha detto Zan, dando involontariamente ragione ai critici – si nasconde dietro a un principio costituzionale che è un cardine della nostra Costituzione, cioè la libertà di espressione, per continuare a esprimere discorsi di odio e di omofobia, che non è libertà di espressione ma incitamento all’odio». Un caso solare di differente interpretazione su cosa si possa intendere per “odio omotransfobico”: è possibile ritenere una legge come quella in gestazione liberticida o configura già un reato al quale sarebbe applicabile le nuove regole e le relative pene? E’ il nodo che la Camera è chiamata a sciogliere.
«La maggioranza – è il commento di Massimo Gandolfini, leader del Family Day, al primo voto parlamentare sul testo della legge – si dimostra insensibile al disappunto espresso da un vastissimo fronte sociale – che va dalla Cei alle femministe, passando per le associazioni familiari – e decide di adottare un testo inutile e pericoloso che istituisce un nuovo reato, quello di omofobia appunto, senza definirlo, lasciando così enormi spazi a interpretazioni da parte della magistratura e a derive liberticide».
Intanto un fronte di 50 associazioni del laicato cattolico alle 17.30 di martedì 14 luglio a Roma anima la presentazione del libro «Omofobi per legge?» (Cantagalli) curato dal magistrato Alfredo Mantovano con saggi che approfondiscono i diversi aspetti del progetto di legge. Protagonisti del dibattito – in streaming sulla pagina Facebook di Polis Pro Persona – sono il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli insieme a Mauro Ronco, Marina Casini, Gigi De Palo, Alberto Gambino e Massimo Gandolfini, coordinati da Domenico Menorello.
Continuano gli interventi critici sulla norma in discussione. Di «legge non necessaria» parla il vicepresidente di Mcl Giovanni Gut: «Il nostro ordinamento – aggiunge – offre già una tutela adeguata ai diritti e alla dignità della persona, di tutte le persone» mentre è «grande il rischio che tale legge introduca nel nostro ordinamento il reato di opinione: una grave minaccia alle libertà personali, che finirebbe col lasciare le persone in balia del potere di turno. In un momento drammatico come quello che stiamo attraversando, altre dovrebbero essere le priorità per far ripartire il Paese».
Posizione che trova eco nelle parole dell’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzocato, che nella festa dei patroni Ermacora e Fortunato domenica, denunciando il «tentativo di imporre la dittatura del pensiero unico», ha criticato una proposta di legge che «mira a condizionare, sotto pena di reato, la libertà di pensiero e di espressione sul tema dell’identità sessuale della persona. Leggendola, essa suscita un non infondato timore che potrebbe diventare passibile di denuncia chi esprime alcune verità affermate dalla Rivelazione cristiana».
Idea alla base anche della nota firmata dal Consiglio pastorale e dalla Consulta delle aggregazioni laicali della diocesi di Monreale, secondo i quali la proposta di legge «contrasta con la concezione liberale della democrazia anteponendosi inevitabilmente a quel pluralismo ideologico tanto decantato dalla parte politica degli stessi proponenti».