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Omotransfobia, i nodi del dibattito.
Com’era facilmente prevedibile, la presentazione della proposta di legge contro l’omofobia ha scatenato reazioni a catena. Tantissimi gli interventi di segno opposto e con toni urlati. Il rischio è quello di far scadere un dibattito importante e difficile in un confronto da stadio. La lunga teoria di argomenti giuridici e antropologici che si intrecciano dietro il tema omotransfobia tocca complessità che non possono certamente essere affrontate a colpi di slogan. Così se appare un po’ ingenuo il trionfalismo mostrato da alcuni esponenti della maggioranza che hanno parlato di lavoro già concluso egregiamente, appare fuori posto anche il grido d’allarme di coloro che vedono in questo testo solo un bavaglio insormontabile alla libertà d’espressione, tanto che – si dice – se venisse approvato in questi termini sarebbe addirittura impossibile leggere la Genesi (‘Maschio e femmina li creò’) e alcuni brani di san Paolo. Non sarà così, naturalmente. Come, all’opposto, è impensabile che attorno ad alcuni punti chiave di questa proposta di legge non vengano sollevati distinguo, obiezioni e richieste di ulteriori approfondimenti in vista di un iter parlamentare che non s’annuncia certamente breve.
Vediamo allora alcuni tra punti più discussi, anche alla luce del confronto avviato ieri.
La libertà d’espressione. Ieri durante la conferenza stampa di presentazione del testo, il relatore Alessandro Zan, ha di nuovo rassicurato sul fatto «che non si tratterà legge liberticida, perché tale non è la legge Reale-Mancino del 1975 che è legge dello Stato». Nella relazione introduttiva si legge in modo più specifico che la proposta «non colpisce qualsiasi espressione critica rispetto alle scelte di vita lgbt (formulate per esempio richiamando le posizioni di una confessione religiosa). Tali espressioni resteranno consentite ». E ancora: «La soglia dell’offensività non viene raggiunta da condotte che implicano semplice manifestazione del pensiero». Basteranno queste indicazioni di pruden- za del legislatore a mettere al riparo dalle letture estensive che potrebbero essere avviate da qualche giudice solerte? Purtroppo le espressioni scelte – identità di genere e orientamento sessuale – sono oggetto di interpretazioni non univoche, su cui sarà necessario riflettere ancora.
Quanti sono i reati determinati dal genere e dall’orientamento?
Altro punto discusso quello relativo al numero di episodi di violenza omotransfobica che si verificano in Italia. Pochi, sostengono coloro che ritengono inutile una legge specifica. Tantissimi e ignorati, risponde chi la pensa diversamente. Sulla base dellestatistiche è impossibile stabilire chi abbia ragione. Tra gli esperti ascoltati in audizione, c’è stato anche Fabrizio Filice, pm di Vercelli, responsabile dei reati di genere per l’Associazione nazionale magistrati che, sulla base di alcuni dati comparati, ha definito la situazione allarmante sia in termini di discriminazione che di violenza, ma oggi questo quadro, ha spiegato, «sfugge alla statistica perché mancando una norma penale il fenomeno non viene misurato». D’altra parte altri osservatori, citando altri studi, giungono a conclusioni opposte. La proposta di legge prevede una rilevazione statistica del fenomeno a cura dell’Istat. Potrebbe essere l’occasione per chiarire il dilemma.
Una legge o una nuova cultura?
Ieri la senatrice Paola Binetti ha sollevato un problema su cui sarà importante riflettere seriamente. L’approvazione di una legge sull’omofobia può avvenire senza aver chiarito i tanti interrogativi che vi sono connessi? «Se è vero che nessuna violenza sarà mai giustificabile, compresa la misoginia – ha spiegato – questo non può in alcun modo toccare la cultura della diversità di genere come unica premessa ragionevole alla genitorialità, cioè il diritto di un figlio a nascere in una famiglia composta da una madre e da un padre. Non dev’essere considerato omofobo insomma affermare che esiste un’ecologia della nascita, scolpita dalla diversità dei generi, su cui si fonda il mistero straordinario della vita».