Un’esperienza di convivenza fraterna e comunitaria

Nei giorni 23/24/25 giugno abbiamo vissuto alla Parrocchia di s. Giovanni Gualberto della Valle Benedetta , un’esperienza di campeggino. Lo chiamo campeggino ma è stato molto di più: un’esperienza di convivenza fraterna e comunitaria vissuta al segno di “ora et labora”. Nello scrivere di questi giorni tenterò una scrittura “collettiva” (visti i 100 anni dalla nascita di don Milani ), utilizzerò quindi le parole  che molti dei partecipanti hanno espresso.

La scelta di fare , a differenza degli anni passati, il campeggino alla Valle è stata determinata dall’offrire a tutti la possibilità di partecipare, usufruendo dei locali della comunità di accoglienza da poco ristrutturati e del posto lontano dal frastuono della città. Si è rivelata un’ottima scelta visto il buon numero di partecipanti con volti già conosciuti e altri nuovi.

A guidarci nei momenti di preghiera e riflessione l’eremita suor Raphaelle, “molto edificante, solo a guardarla”, il caro amico della comunità Pinco Paolo Lorenzon e il nostro don Cristian.

Il sabato mattina, dopo la colazione e la preghiera ci si è dedicati alla riparazione del muretto del campino da basket “ è stato molto bello lavorare insieme con le mani, che penso sia il modo migliore anche di diventare amici e fare fraternità”. Dopo il pranzo e un breve riposo il pomeriggio è stato dedicato dapprima all’ascolto degli spunti offertici da suor Raphaelle che ci ha invitato a individuare il fuoco che arde in ognuno di noi, a renderlo attuale e a come alimentare questa fiamma. Si è poi passati  alla meditazione e riflessione personale e infine alla condivisione

“Una suora eremita è uscita dal bosco per invitarci a rivedere le ragioni e i modi della nostra fede. Nella calura sonnacchiosa del dopo pranzo è riuscita a farci riflettere in un deserto individuale”.

“ Si può vivere da viaggiatori distratti senza riconoscere il fuoco che invece c’è , sempre, oppure come viandanti  che si fermano ad ascoltare , ad osservare e a percepire la Grazia che c’è dentro  ognuno di noi”

“l’esperienza di questi giorni ci ha aiutato a riflettere sul “quotidiano”. Vivere un’esperienza “quotidiana” senza ricercare “evasioni” può aiutare meglio a comprendere come vivere la dimensione comunitaria nella concretezza di ogni giornata e come vivere la spiritualità del quotidiano, che non è evadere dalla vita ma immergersi in essa per cercarne le radici.”

“Abbiamo fatto un po’ di chiarezza dentro di noi, e abbiamo conosciuto meglio quelli che ci erano accanto. Quando la domenica ci scambieremo la pace, lo faremo con una consapevolezza diversa e più profonda.”

“Quello che c’è da mettere in evidenza è la ottima accoglienza per le persone nuove che hanno ricevuto con semplicità un sorriso da tutti”

“Sono stata con persone che cercano Gesù come Ossigeno per vivere e vivificare”

“Questa prima esperienza di convivenza per un fine settimana alla Valle Benedetta è stata, per mia moglie e me, una bellissima occasione per metterci al servizio in un clima di vera fratellanza”.

“ Sono grata a Dio che mi ha fatto dono di questa possibilità: l’eremo di San G. Gualberto per me è stato il luogo dove ho potuto respirare, esprimermi e trovare un senso più umano della mia quotidianità.

I giorni del campeggio sono stati ‘un culmine’, una sorta di punto traboccante di tanta comprensione di me che ancora mi lascia in silenzio e in cammino. Quello che di più mi intenerisce sono la pazienza, la comprensione e l’amore di tutti voi, nonostante la mia forte esigenza di isolamento, la mia ‘indipendenza’,  siete stati capaci di includermi e toccarmi con delicatezza nel profondo. Grazie amici”.

Il sabato sera , dopo la cena  e quattro chiacchere, abbiamo pregato nel prato dietro la chiesa sotto il cielo stellato e la compagnia delle lucciole…momenti che resteranno nel cuore di chi li ha vissuti.

Un sentito grazie va ad Alessandro e Valeria che hanno provveduto e guidato la preparazione dei pasti, a Pinco che ci ha offerto la sua testimonianza e a don Cristian “che ha stimolato tutti a parlare ed aprire il proprio cuore”, che ha aperto le porte dell’Abbazia e ha spezzato il Pane per noi e con noi .