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Lettera sull’ecumenismo: unità, dono dello Spirito
Al caro FratelloCardinale KURT KOCHPresidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani
Domani si compiono venticinque anni da quando San Giovanni Paolo II firmò la Lettera Enciclica Ut unum sint. Con lo sguardo rivolto all’orizzonte del Giubileo del 2000, egli voleva che, nel suo cammino verso il terzo millennio, la Chiesa tenesse ben presente l’accorata preghiera del suo Maestro e Signore: “Che siano una cosa sola!” (cfr Gv 17,21). Perciò scrisse questa Enciclica che confermò «in modo irreversibile» (UUS, 3) l’impegno ecumenico della Chiesa Cattolica. La pubblicò nella Solennità dell’Ascensione del Signore, ponendola sotto il segno dello Spirito Santo, artefice dell’unità nella diversità, e in questo medesimo contesto liturgico e spirituale noi la commemoriamo e la riproponiamo al Popolo di Dio.
Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto che il movimento per il ristabilimento dell’unità di tutti i cristiani «è sorto per grazia dello Spirito Santo» (Unitatis redintegratio, 1). Ha affermato anche che lo Spirito, mentre «realizza la diversità di grazie e di ministeri», è «principio dell’unità della Chiesa» (ibid., 2). E la Ut unum sint. ribadisce che «la legittima diversità non si oppone affatto all’unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro e contribuisce non poco al compimento della sua missione» (n. 50). Infatti, «solo lo Spirito Santo può suscitare la diversità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità. […] È Lui che armonizza la Chiesa», perché, come dice san Basilio il Grande, «Lui stesso è l’armonia» (Omelia nella Cattedrale cattolica dello Spirito Santo, Istanbul, 29 novembre 2014).
In questo anniversario, rendo grazie al Signore per il cammino che ci ha concesso di compiere come cristiani nella ricerca della piena comunione. Anch’io condivido la sana impazienza di quanti a volte pensano che potremmo e dovremmo impegnarci di più. Tuttavia, non dobbiamo mancare di fede e di riconoscenza: molti passi sono stati fatti in questi decenni per guarire ferite secolari e millenarie; sono cresciute la conoscenza e la stima reciproche, aiutando a superare pregiudizi radicati; si sono sviluppati il dialogo teologico e quello della carità, come pure varie forme di collaborazione nel dialogo della vita, sul piano pastorale e culturale. In questo momento il mio pensiero va a miei amati Fratelli posti a capo delle diverse Chiese e Comunità cristiane; e si estende a tutti i fratelli e le sorelle di ogni tradizione cristiana che sono i nostri compagni di viaggio. Come i discepoli di Emmaus, possiamo sentire la presenza di Cristo risorto che cammina accanto a noi e ci spiega le Scritture e riconoscerlo nella frazione del pane, in attesa di condividere insieme la Mensa eucaristica.
Rinnovo la mia gratitudine a quanti hanno operato e operano in codesto Dicastero per mantenere viva nella Chiesa la consapevolezza di tale irrinunciabile meta. In particolare sono lieto di salutare due recenti iniziative. La prima è un Vademecum ecumenico per i Vescovi, che sarà pubblicato nel prossimo autunno, come incoraggiamento e guida all’esercizio delle loro responsabilità ecumeniche. Infatti, il servizio dell’unità è un aspetto essenziale della missione del Vescovo, il quale è «il visibile principio e fondamento di unità» nella sua Chiesa particolare (Lumen gentium, 23; cfr CIC 383§3; CCEO 902-908). La seconda iniziativa è il lancio della rivista Acta Œcumenica, che, rinnovando il Servizio di Informazione del Dicastero, si propone come sussidio per quanti lavorano al servizio dell’unità.
Sulla via che conduce alla piena comunione è importante fare memoria del cammino percorso, ma altrettanto lo è scrutare l’orizzonte ponendosi, con l’Enciclica Ut unum sint., la domanda: «Quanta est nobis via?» (n. 77), “quanta strada ci resta da fare?”. Una cosa è certa: l’unità non è principalmente il risultato della nostra azione, ma è dono dello Spirito Santo. Essa tuttavia «non verrà come un miracolo alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino» (Omelia nei Vespri, San Paolo fuori le Mura, 25 gennaio 2014). Invochiamo dunque fiduciosi lo Spirito, perché guidi i nostri passi e ognuno senta con rinnovato vigore l’appello a lavorare per la causa ecumenica; Egli ispiri nuovi gesti profetici e rafforzi la carità fraterna tra tutti i discepoli di Cristo, «perché il mondo creda» (Gv 17,21) e si moltiplichi la lode al Padre che è nei Cieli.