Diocesi
Il viaggio dei Cooperatori Paolini
Quattro Cooperatori Paolini sono partiti da Livorno a metà luglio per approfondire la storia del Libano, sia dal punto di vista biblico che della realtà che sta vivendo questo paese. L’idea è quella di poter poi collaborare con la comunità cristiana ed il vescovo libanese per l’evangelizzazione e la catechesi; una collaborazione che inizia con passi semplici, come aiutare i cristiani del Libano, che sono più di un milione e mezzo, ad avere la traduzione in arabo dei documenti del Papa. Ma leggiamo il resoconto di questo viaggio, che parte da radici storiche.
Ci sono nella Bibbia espressioni e immagini che si possono cogliere e comprendere soltanto immergendosi nella geografia delle terre, dei mari e dei monti delle regioni in cui è nato il testo. Se dal mare o da qualunque luogo dei territori corrispondenti agli attuali Siria e Israele si guarda verso il Libano, ciò che sorprende sono le imponenti catene montuose, con cime che, superando i 3.000 metri, si stagliano contro il cielo. Per i popoli delle regioni circostanti, abituati a climi torridi e a piane spesso desertiche, la visione di questi monti ha sempre suscitato timore e riverenza. Molti racconti ugaritici e mesopotamici fanno così delle cime libanesi dell’Ermon luoghi mitici e popolati da divinità. Data la loro altezza, esse sono spesso ricoperte di ghiacci e nevi, e questo ci spiega l’origine del nome di questa terra, Laban “bianco” (oggi in arabo indica ad esempio il latte) e da qui il nome Libano. Oggi questi montagne appaiono brulle e rocciose, ma nell’antichità erano di un colore verde vivace dato dalle sterminate foreste di cedri che le ricoprivano. Il cedro è una conifera, albero imponente che può raggiungere 2,5 metri di diametro per 40 di altezza. Essendo l’unica riserva di legno nell’immenso territorio che va dalle regioni dei grandi fiumi mesopotamici all’Egitto, gli oltre tre millenni di sfruttamento del legno per la costruzione di navi, abitazioni ed edifici religiosi da parte di egiziani, amorrei, fenici, cananei, israeliti, babilonesi, assiri, persiani, greci e romani hanno progressivamente ridotto il numero di questi alberi, tanto che, nel 118 d.C., l’imperatore Adriano, per tutelarli, emanò quello che può essere considerato uno dei primi decreti di protezione ambientale della storia. Oggi le poche centinaia di alberi rimasti sulle catene montuose libanesi sono concentrate in alcuni parchi naturalistici sotto la tutela dell’UNESCO.
Queste imponenti conifere hanno rappresentato per i popoli biblici un simbolo di potenza e di ricchezza, di maestà e di imponenza. «Si saziano gli alberi del Signore, i cedri del Libano da lui piantati». Così racconta il Salmo 104, tutto intessuto di benedizioni al Signore per gli splendori del creato. Mentre nel Cantico dei Cantici, il canto nuziale letto da millenni come figura dell’amore di Dio per il suo popolo, lo sposo chiama dal Libano la sposa, chiedendole di scendere «dalla vetta dell’Amana, dalla cima del Senir e dell’Ermon», mentre si inebria del «profumo delle tue vesti» che «è come quello del Libano». Nel Paese dei cedri, i «Cedri del Signore», le parole del Cantico sono state riprese in un tradizionale inno nuziale, Vieni dal Libano, che ancora si canta nelle chiese durante i matrimoni. Per chi è figlio di quella terra, leggere il testo biblico vuol dire imbattersi di continuo in nomi, luoghi o vicende familiari. Trenta su sessantasei libri della Bibbia ricordano il Libano o parlano di cose collegate a quel Paese. Il nome del Libano ricorre 71 volte nell’Antico Testamento, i suoi cedri vengono nominati settantacinque volte. Nel sacro testo figurano trentacinque località insieme a undici personaggi libanesi, come il re fenicio Hiram di Tiro. Il cedro è il legno che il re Davide ha utilizzato per la costruzione del suo palazzo e, alla sua morte, dal figlio Salomone per costruire il Tempio.
Il Nuovo Testamento nomina alcune città o luoghi libanesi. Tiro e Sidone, che si trovano nel Sud del Paese, vengono nominate insieme in vari versetti (Mt 15,21), (Mc 3,8), (Lc 6,17) e (Att 12,20). Tiro, viene nominata cinquantanove volte, invece Sidone cinquanta volte. Gesù visitò il Sud Libano varie volte, noto l’episodio dell’incontro con la donna cananea, qui predicò e guarì varie persone con la fede, accompagnato da sua Madre Maria che lo aspettò varie volte nella grotta di Maghduce e dai suoi discepoli.
La storia del Libano ha vissuto periodi di splendore nell’antichità, dove fenici e romani hanno fatto grande questo piccolo lembo di terra. Successivamente, si sono susseguiti imperi e religioni che hanno fatto vivere fasi altalenanti alla nazione. I primi abitanti furono i Cananei, di origine ebraica. Ma coloro che conferirono il carattere alla storia del Libano sono stati indubbiamente i Fenici, commercianti molto capaci, che fondarono alcune tra le più antiche città-stato del mondo come Tiro, Sidone e Byblos. Quest’ultima, in particolare, è considerata la città abitata con continuità più antica della storia. La potenza mercantile fenicia era anche dovuta ad un grande sviluppo culturale. Infatti furono proprio loro ad inventare l’alfabeto moderno, dal quale derivano quello ebraico, greco e latino. La caduta dell’Impero Romano spinse immediatamente le tribù arabe verso il Libano. Grazie alla difficile convivenza tra i cristiani ortodossi bizantini e una parte di popolazione che non accettava la conversione forzata, l’Islam si impose velocemente. Durante l’epoca delle crociate giocò un ruolo molto importante per via della sua vicinanza con la Galilea. Nel XII e XIII secolo la regione finì sotto il dominio cristiano. Così il Libano divenne il punto di congiunzione tra il Cristianesimo e l’Islam, caratteristica che ha mantenuto fino ad ora.
Subisce però un grave declino durante la dominazione dei Mamelucchi, e nel 1516 passa sotto la dominazione ottomana che durerà fino al 1916 lasciando il Paese in una situazione di grave instabilità politica. I maroniti si videro costretti a condividere un fazzoletto di terra non solo con i curdi e drusi, ma anche con i profughi armeni, sopravvissuti alle persecuzioni dei Turchi degli anni precedenti. La popolazione musulmana invece, sognava ancora un nuovo paese islamico. Di questa situazione di estrema instabilità ne approfittò la Francia, che ottenne il mandato sul Libano e dichiarò una formale Repubblica Parlamentare, che almeno inizialmente riuscì a calmare i fervori nazionalistici. Durante la Seconda Guerra Mondiale viene ufficialmente proclamato indipendente. La costituzione libanese del 1943 è frutto di un’importante patto in cui si garantisce la presenza alle cariche istituzionali di tutte le religioni presenti nel paese. Quindi cristiani maroniti, greco-ortodossi e armeni e musulmani sciiti e sunniti hanno gli stessi diritti politici. Gli anni che seguirono furono contraddistinti da un grande sviluppo economico fino al 1975, anno della drammatica guerra civile libanese. Infatti dal 1975 al 1990 si combatterono in Libano numerose guerre intestine e con il vicino Israele. Inizialmente la causa scatenante fu l’approdo di 2 milioni di profughi palestinesi che fecero diventare maggioranza la popolazione musulmana sunnita nel paese. Nel 1976 si riuscì fortunatamente a trovare una soluzione, ma la presenza di esponenti radicali palestinesi all’immediato confine con Israele preoccupò lo stato ebraico, che attaccò il Libano dando vita alla guerra israelo-libanese.
(guarda le foto del viaggio https://photos.app.goo.gl/VDvi7vKWCZrAiYKz9)
Gli ultimi anni a causa anche del Covid e a seguito dell’esplosione del porto di Beirut hanno determinato una situazione di crisi economica e sociale molto profonda. Ne abbiamo parlato con il Vescovo cattolico Cesar Essayan, di origine armena, frate conventuale, Vicario apostolico dal 2016, il quale ci ha raccontato l’importanza della presenza dei cattolici latini dovuta all’arrivo dei Francescani in questa terra fin dal XIII secolo unita poi alla presenza di missionari di altri ordini religiosi, quali i Cappuccini, i Carmelitani, i Lazzaristi ed i Gesuiti, giunti nel XVII secolo. Per i fedeli di rito latino del Libano non fu istituita nessuna circoscrizione ecclesiastica, fino alla fine del mandato francese al termine della seconda guerra mondiale: il delegato apostolico della Siria svolgeva anche le funzioni di vescovo dei cattolici latini del Libano. Il vicariato apostolico è stato eretto il 4 giugno 1953 da papa Pio XII, ricavandone il territorio dal vicariato apostolico di Aleppo.
Raccontando dell’esplosione del Porto di Beirut avvenuta il 4 agosto 2020, questa ha causato più di 250 morti, oltre 6mila sono rimaste ferite, 330 mila hanno dovuto abbandonare le proprie case. Un episodio che ha affossato l’economia del Paese dei cedri, in cui la verità fa fatica ad emergere e questo ha fatto si che si è creata una divisione tra chi è cristiano e chi è musulmano. Le conseguenze dell’esplosione vanno a incidere sulla crisi economica: il poco lavoro, gente che va via per cui rimane chi sta male. C’è un’altra divisione nella popolazione: tra chi guadagna in dollari e chi in lire libanesi. Chi lavora nella funzione pubblica guadagna in lire e a malapena riescono ad arrivare a fine mese, se non vengono aiutati da parenti all’estero. Altri guadagnano con i dollari, i ristoratori. C’è poca gente che riesce a ribellarsi, perché non ha più le forze. Senza contare il rincaro dei prezzi a causa della guerra in Ucraina. E poi, ancora, non bisogna dimenticare la presenza dei siriani. Questa purtroppo sta creando tensioni con i libanesi. Inoltre la luce non arriva quasi mai, tutto dipende dal funzionamento dei generatori. Lo Stato lascia fare, pensa che le persone possano arrangiarsi da sole. La popolazione soffre di una oppressione mai conosciuta prima. Bisogna intanto dire che la Chiesa universale non ha mai smesso di dare una mano alla Chiesa locale. Con la crisi ucraina, gli aiuti possono aver subìto una leggera flessione, ma le agenzie che dipendono dalla Chiesa cattolica sono sempre presenti sul territorio libanese e si stanno dando da fare in un modo molto efficiente; sebbene il Vicariato apostolico sia povero, con gli aiuti riesce ad aiutare tanta gente. La Chiesa insieme alle comunità religiose, specialmente nella zona est nella Valle della Bekaah, al confine con la Siria, con i francescani si adopera per stare accanto a tutti, specie con le migliaia di profughi siriani accampati e ha messo a disposizione le proprie strutture per l’accoglienza di chi non ha più una casa.
Il grande problema del Libano è che non si riesce a fare chiarezza e ad assumersi le proprie responsabilità, ammettendo di aver sbagliato e chiedere perdono. Purtroppo c’è molta corruzione tra chi detiene il potere. I parlamentari indipendenti, quelli nuovi, hanno voluto che i silos rimasti siano salvaguardati come simbolo non solo dell’esplosione, ma di tutta la violenza nel mondo. Il grano è il cibo fondamentale per ognuno. Per questa terra dove si combatte ancora per problemi di convivenza sociale e religiosa, il Vescovo chiede le nostre preghiere, vicinanza e possibilmente collaborazione fattiva affinché i paesi limitrofi al Libano possano ritrovare la pace, e la convivenza e lo sviluppo torni così a fiorire nel “Paese dei cedri del Signore.”