Scuole Cattoliche e coronavirus: ultima campanella?

«Non tutto quel ch’è oro brilla. Né gli erranti sono perduti; il vecchio ch’è forte non s’ingrinza. Le radici profonde non gelano. Dalle ceneri rinascerà il fuoco. L’ombra sprigionerà una scintilla; nuova sarà la lama ora rotta, e re quel ch’è senza corona.» (Il Signore degli Anelli, poesia di Bilbo Baggins su Aragorn)

Difficile tornare alla vita di prima come se nulla fosse accaduto. Anzi non è proprio auspicabile. Non è per niente auspicabile chiudere velocemente questa dolorosa parentesi. Non è da sprecare la paura e il dolore. C’è una vita nuova che ci attende, non il ritorno ottuso alla vita precedente. Occorre pregare per non cedere alla tentazione di resettare la pandemia, di elaborare i lutti, le paure, i sacrifici, le privazioni, il dolore, come suggeriscono gli psicologi, per tornare indenni e ottusi alle abitudini precedenti. La vita nuova che ci attende non sarà una vita più comoda, ma potrà essere più vera, se avremo coscienza di quel che ci è accaduto. Ci siamo scoperti fragili e impotenti. Abbiamo visto uomini e donne meravigliosi al lavoro, senza risparmiarsi, per il bene dell’altro. Abbiamo scoperto che non ci si può salvare da soli. Abbiamo pregato, forse come non mai nella nostra vita. Abbiamo chiesto e dato solidarietà. Cosa è diventato essenziale nel nostro cammino umano?

«L’unica condizione per essere sempre e veramente religiosi è vivere sempre intensamente il reale» (Il senso religioso, L. Giussani, Rizzoli, Milano 2010, p. 150). E la realtà ci porta a guardarsi intorno e a vedere gli “effetti collaterali” del coronavirus. Uno di questi effetti riguarda le famiglie che vivono un momento molto difficile, per l’incertezza del lavoro e per il futuro, per i figli costretti in casa, le scuole chiuse e, per coloro che hanno scelto le scuole paritarie, le rette da pagare ugualmente, siano esse per intero o ridotte, per permettere, nonostante la chiusura, la sopravvivenza delle scuole che devono far fronte alle spese e agli oneri fissi, ma molte famiglie si trovano ora in gravi difficoltà economiche. Poi avviene che, a volte,  non siano compresi i grandi sacrifici che le Parrocchie e gli Istituti da sempre fanno per permettere un’educazione libera; dietro questi sacrifici «c’è la ricchezza di un presidio educativo unico; ci sono principi –centrali in democrazia- di libertà educativa e sussidiarietà» ( don Ivan Maffeis, sottosegretario della CEI, Paritarie ultima campanella,  Chiesa Cattolica.it,15 aprile 2020).

La situazione attuale ha anche creato comunque un grosso problema economico per tutti, specialmente per i Gestori di scuole cattoliche paritarie che temono per la loro riapertura a settembre.

Per riprendere ancora l’articolo di don Ivan Maffeis, «Allo Stato non si chiedono privilegi né elemosina, ma di riconoscere il servizio pubblico che queste realtà assicurano. Intervenire oggi –con un fondo straordinario destinato alle realtà paritarie o con forme di sostegno, quali detraibilità delle rette, alle famiglie- è l’ultima campanella.» (idem)

Luigi Morgano, segretario della Fism (Federazione Scuole Materne non statali)  ricorda che «La settimana prossima la Camera comincia la discussione del decreto “Cura Italia”, nel quale le scuole paritarie sono totalmente assenti. Una lacuna da colmare, se vogliamo salvaguardare il patrimonio educativo che anche l’Ocse considera parametro di eccellenza a livello internazionale. Le nostre scuole sono enti non profit (…) e i nostri alunni, le loro famiglie, le nostre educatrici non sono di serie “B”. è una questione di equità e di rispetto per l’utenza, composta anche da fasce popolari e da famiglie incapienti» <span style=”font-size: 16pt;”><em>(Paritarie a rischio: subito il fondo. Avvenire, 17 aprile 2020)</em></span>

Proprio perché, finita la pandemia, non si torni, indenni e ottusi, alle abitudini precedenti, quindi, passato il momento degli applausi e della solidarietà, non si torni anche alla mentalità anti clericale e laicista (spesso con tutte le resistenze ideologiche messe in campo da questo tipo di intellighenzia…), auspico che si tragga insegnamento dall’esperienza  per  uscire definitivamente da «quell’emarginazione culturale che nel nostro Paese di fatto ha sempre impedito di riconoscere la piena cittadinanza delle scuole cattoliche» (idem); auspico, inoltre, che le Istituzioni attuino effettivamente la parità scolastica e le famiglie siano aiutate a comprendere che la scuola è «un luogo da amare, cioè da scoprire come contesto significativo di vita al di là del suo significato formale. I motivi per cui si deve amare la scuola sono almeno quattro, il primo dei quali è una testimonianza personale che ci porta sul terreno di una argomentazione narrativa ed esistenziale, irriducibile agli schemi deduttivi della razionalità analitica. (…) A quel primo motivo ne seguono altri tre: perché è sinonimo di apertura alla realtà; perché è un luogo di incontro; perché educa al vero, al bene e al bello.» (Papa Francesco, giornata per le Scuole Cattoliche, il 10/5/2014)

Terminato questo momento potremo vedere concretizzata la frase “andrà tutto bene”, se il riconoscimento di Cristo e il nostro “sì” a Lui, anche nell’isolamento in cui ognuno di noi potrebbe essere costretto a stare, sarà il contributo e l’impegno  comune per la realizzazione di quel VILLAGGIO GLOBALE DELL’EDUCAZIONE proposto dal Santo Padre, come ricordava recentemente il nostro Vescovo Simone.