Diocesi
La celebrazione della notte di Pasqua
Nella notte di Pasqua il vescovo Simone ha parlato dell’amore. L’amore con la “a” maiuscola, quello senza misura, quello che cambia la vita, quello che va oltre ogni difficoltà, quello che vince la morte. L’amore di Gesù per noi uomini, sue creature.
Leggi le parole di mons. Giusti qui sotto e guarda le foto della celebrazione scattate da Antonluca Moschetti (tra le immagini anche il gruppo della comunità Neocatecumenale che ha cantato il brano “Risuscitò”).
Cosa è successo nell’alba pasquale? Alcune donne e poi alcuni uomini, discepole e discepoli di Gesù, si sono recati al
“Maria vorrebbe afferrare Gesù e non lasciarlo andare. Ma Gesù le chiede altro: “Non mi trattenere, dice, devo andare!”
E’ come se dicesse: devo andare da questo giardino al mondo intero, da queste tue lacrime a tutte le lacrime. Il Risorto non riposerà finché non sia spezzata la pietra che chiude l’ultimo cuore e le sue forze non arrivino all’ultimo ramo della creazione.
Le chiede invece di andare ad annunciare ciò che ha visto e udito: una donna diventa l’apostola degli apostoli. Colei che era l’ultima agli occhi di tutti diventa la prima ad annunciare la storia nuova.”[1]
E’ significativo che Gesù non sia apparso loro sfolgorante di luce, ma si sia presentato con tratti umanissimi: un giardiniere, un viandante, un pescatore. Di più, egli
– Per questo Maria di Magdala, sentendosi chiamata per nome con amore, risponde subito: «Rabbunì, mio maestro!»;
– i discepoli di Emmaus riconoscono Gesù nello spezzare del pane, cioè nel segno riassuntivo di una vita offerta per tutti;
– e il discepolo amato, che lo riconosce presente sulla riva del lago di Tiberiade, grida a Pietro: «È il Signore!»…
Ognuno di noi può riconoscere il Risorto se va al luogo dove l’ha conosciuto la prima volta: se va nell’amore primordiale in cui l’ha conosciuto.
Più forte della morte è l’amore! «Dio ha risuscitato Gesù, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere» (At 2,24)… “Il sepolcro vuoto è la conseguenza logica di un’esperienza piena, trasparente, assoluta; come era possibile che restasse chiusa in una tomba?
Miracolo supremo o la natura di Figlio di Dio sono spiegazioni vere ma parziali della risurrezione. Non ci sarebbe stato mattino di Pasqua se la vita di Gesù non fosse stata dono totale fino all’estremo.[2] Scriveva Massimo il Confessore:
«Colui che conosce il mistero della risurrezione conosce il senso delle cose, conosce il fine per il quale Dio fin dall’in-principio creò tutto».
Sulla scorta di questa penetrante osservazione è utile porsi una semplice domanda: Perché Gesù è risorto da morte? Qui entra in gioco la riflessione umanissima che ogni uomo e ogni donna fanno da sempre e in tutte le culture. Vivere è amare. Può sembrare banale ripeterlo e tuttavia resta vero: la nostra vita trova senso solo nell’esperienza dell’amare e dell’essere amati, e tutti siamo alla ricerca di un amore con i tratti di eternità. Infatti a conclusione del Cantico dei Cantici, l’amata dice all’amato: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, perché forte come la morte è l’amore».
Qui si raggiunge una consapevolezza presente in numerose culture, che sempre hanno percepito un legame tra amore e morte. La Bibbia ci illustra che amore e morte sono i due nemici per eccellenza;
Gesù ha narrato l’amore
Com’era possibile che l’amore restasse preda degli inferi? Davvero la risurrezione di Gesù è il sigillo che Dio ha posto sulla sua vita.
Risuscitandolo dai morti, Dio ha dichiarato che Gesù era veramente il suo racconto (Gv 1,18), e ha manifestato che nell’amore vissuto da quell’uomo era stato detto tutto l’essenziale per conoscere lui. Gesù aveva narrato l’amore di Dio con le sue parole, con la sua maniera di stare in mezzo agli altri, di incontrare i malati e gli emarginati, di perdonare la donna adultera, di accettare il gesto d’amore della peccatrice, di chiamare Giuda “amico”, proprio mentre per colpa sua veniva arrestato…
Nell’Amore anche noi risorgeremo
Egli è risorto perché la sua vita è stata amore vissuto per gli altri e per Dio fino all’estremo: «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1). Gesù è stato risuscitato da Dio in risposta alla vita che ha vissuto, al suo modo di vivere nell’amore fino all’estremo. L’amore è la perfezione dell’universo, lo spirito è la perfezione dell’uomo, l’amore è la perfezione dello spirito, la carità è la perfezione dell’amore: per questo l’amore a Dio è lo scopo, la perfezione e l’eccellenza dell’universo.[3] La misura di amare Dio è di amarlo senza misura.[4] Dio non forza nessuno: accetta quanto gli si dà. Ma Egli non si dà del tutto se non a coloro che si danno del tutto a Lui.[5]
Ama e vivi, ama e vivrai!
[1] Liberamente ripreso da padre Ermes Ronchi
[2] ENZO BIANCHI
[3] San Francesco di Sales
[4] San Bernardo
[5] Santa Teresa d’Avila