Diocesi
La compassione per condividere il bisogno della persona
Le Caritas Parrocchiali e del volontariato presenti in Diocesi si sono riunite in Vescovado nella Sala Fagioli per il tradizionale Convegno di Quaresima. Tema dell’incontro: L’ascolto, futuro della Caritas Parrocchiali. Monsignor Simone ha introdotto la conferenza sottolineando che i volontari, chi porta il pacco ai bisognosi deve avere compassione della persona che si assiste. Dio ha avuto compassione di noi. Compassione, non un sentimento, vale a dire considerare le persone alla luce di ciò che soffrono. Necessita passare da un assistenzialismo ad un’azione di redenzione. La carità si fa ai poveri e non ai “furbi”. Quando la povertà è vera occorre aprire il cuore: casa, lavoro non semplicemente offrire un po’ di pasta. La comunità si fa carico dei poveri come figli. Avere carità è avere compassione, patire con, non ci si può limitare a sgravarci la coscienza dando un sacchetto della spesa con del cibo. Occorre, innanzitutto, che ciascuno accudisca le persone che conosce per un criterio di giustizia. Se invece non si conoscono vanno chieste al parroco informazioni, la persona che richiede assistenza ha veramente bisogno? È necessaria la solidarietà fra le parrocchie per cercare di rispondere alla povertà. «Cristo ha dato la vita per noi, a noi non ci è chiesto di dare la vita, ma la compassione sì». La carità non è soltanto donare il pacco ma farsi prossimi, aprire un dialogo, ascoltare, capire, comprendere e poi agire. “Caritas Christi urget nos” (San Paolo). La carità, l’amore di Cristo ci spinge e non possiamo rimanere fermi.
Il Convegno è proseguito con la relazione della dott.ssa Cristina Necchi, sociologa e direttrice UEPE Livorno, sul tema: Un Ascolto efficace, attenzione e sensibilità. La relatrice ha messo in evidenza che l’ascolto per essere efficace deve essere attento, empatico, attivo perché serve molto a sostenere le persone che chiedono un aiuto. La persona che richiede sostegno spesso non trova subito la risposta predefinita. I percorsi di assistenza vanno costruiti insieme alle persone. Importante imparare a leggere cosa sta dietro una richiesta esplicitata. Nel colloquio dovrebbero prevale la soggettività e l’autodeterminazione nel soggetto che ho di fronte. Le persone che si rivolgono a un centro di ascolto hanno bisogno di crescere nella loro autostima. Garantire il rispetto del valore dell’altro, delle sue scelte, dei suoi tempi. “Nel dialogo tra persone ogni io deve incontrare un tu, un altro autentico, ricco di tutta la sua originale imprevedibilità non nesso stereotipato” (Martin Buber, filosofo, teologo, pedagogista austriaco). Non un interlocutore che è oggetto ma soggetto.
Gli obiettivi devono essere costruiti insieme alla persona. Il volontario si pone accanto al soggetto che si trova in difficoltà -accompagnamento sociale- non si impadronisce degli scopi dell’altro. Il volontario promuove un intreccio di reti di relazioni. La cortezza dell’ascolto aiuta sia al lavoro con le persone ma anche al lavoro con la comunità. L’attività del volontario, inoltre, è un lavoro che deve orientarsi non tanto alla pratica ma all’esperienza. La pratica si limita al fare mentre l’esperienza fa riflettere sull’agire. Al termine dell’intervento la Dott.ssa Necchi ha dato dei suggerimenti: per l’ascolto occorre un ambiente adeguato privo di interferenze; meglio un colloquio a due dove l’osservatore rimane in silenzio e successivamente aiuterà chi ha condotto l’incontro; tenere un diario degli interventi per soggetto e per tipologia di soggetti questo fa memoria; tenere una mappatura di risorse aggiornata dei servizi presenti nel territorio; andare a trovare il richiedente aiuto dove vive; invitarlo a scrivere, se ha difficoltà nella conversazione, a narrare la propria storia di vita.
Umberto Ottolina, responsabile dell’Emporio di Prato della Caritas, ha raccontato la sua esperienza nel costruire l’opera nata nel 2008 assieme a quella di Roma. L’Emporio è un vero e proprio supermercato. Al suo interno non si spendono soldi, dedicato a famiglie in difficoltà economica, dove il valore dei prodotti sullo scaffale è espresso in punti e non in Euro. L’accesso è riservato soltanto ai possessori di tessera con fotografia alla quale sono caricati mensilmente i punti da spendere. La durata media è di due o tre mesi. Non più il pacco, ma dove chi ha bisogno può recarsi a fare la spesa secondo le proprie necessità e abitudini. L’attribuzione del valore ai prodotti non ha una corrispondenza lineare con i valori di mercato ma è legato a disponibilità, alla scadenza ed altri elementi volti a porre l’accento anche su aspetti di tipo educativo. L’Emporio di Prato esiste perché ha decine di volontari che compiono un lavoro prezioso. L’aiuto all’Emporio è dato dalle istituzioni locali (Provincia e Comune), dalla Fondazione Cassa di Risparmio, dalle aziende private, dall’Agea, dal Banco Alimentare.
Molte le domande poste dai volontari presenti al termine della relazione di Ottolina in attesa che anche a Livorno nasca l’Emporio.
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