Globalizzazione e mondo sostenibile

L’anno sociale del Serra club è iniziato presso il salone delle conferenze della Parrocchia di Santa Lucia, con un argomento  di grande attualità e che pone molti interrogativi. Il Presidente  nei saluti di apertura ha ringraziato la Professoressa Cristina Morra già docente di geografia economica, che ha accettato di presentare questa tematica che rivela una realtà segnata da squilibri sociali e ambientali con una economia dominante che uccide gli uomini e distrugge la natura.

La globalizzazione è iniziata con la rivoluzione industriale e ora siamo alla quarta rivoluzione attuata con il mondo informatico. Questo ha portato al primato della finanza e delle multinazionali Per capire questo aspetto dobbiamo rifarci alla nuova geopolitica a cominciare dalla caduta del muro di Berlino che ha determinato la frammentazione e dissolvimento dell’Unione Sovietica. Dall’altra parte l’ economia occidentale portata avanti da Reagan è stata  quella che ha condizionato tutti i mercati ed è stata appoggiata dalla tecnologia.

 La globalizzazione ha portato anche una distorsione dell’informazione con una forte prevalenza del pensiero unico. La professoressa ha poi sottolineato come gli ultimi tre Pontefici,abbiano più volte e in maniera assi esplicita espresso le loro criticità e proposte riguardo il cattivo uso delle ricchezze e i rischi ambientali per l’aver infranto il rispetto dell’ecosistema e delle risorse energetiche.

Giovanni Paolo II più volte aveva scritto che le risorse devono essere “solvibili” cioè devono disporre di un potere d’acquisto e i bisogni devono essere vendibili a prezzo adeguato. Esistono anche molti bisogni che non hanno accesso al mercato che non possono non essere soddisfatti perché non hanno un prezzo, non sono solvibili: vanno garantiti perché sono bisogni dell’uomo in quanto uomo. Gli uomini devono essere aiutati ad acquisire conoscenze e sviluppare le loro attitudini per valorizzare le loro capacità. Riguardo il  Rapporto mercato–globalizzazione, vediamo che i Paesi esclusi dal mercato mondiale vivono momento di stagnazione e regresso, mentre quelli che sono entrati nell’interconnessione delle attività economiche a livello internazionale, si sono sviluppati. Il problema è quello di ottenere un equo accesso al mercato internazionale, valorizzando le risorse umane.

Il noto economista Francese, Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi, analizza l’enciclica di Papa Francesco dove critica l’avidità dell’epoca moderna che ha come fondamento culturale l’individualismo. Nella società dei consumi è in crisi, infatti, anche la capacità di relazione con noi stessi e con gli altri. Il messaggio che mandiamo è che si può consumare senza limiti. C’è un meccanismo psicologico indotto dalla pubblicità, ma sappiamo che è una strada sbagliata. Da più parti si ripete il mantra «crescita, crescita. La pubblicità ci dice che i nostri desideri segreti saranno soddisfatti consumando. La decrescita è un movimento sociale che deve rovesciare questo sistema».

La maggior parte degli economisti sostiene che non è vero che non si può crescere all’infinito. La decrescita non è l’opposto simmetrico della crescita. I decrescenti vogliono far crescere la qualità della vita, dell’aria e di tutta una serie di cose che “la crescita per la crescita” ha distrutto. Non si deve pensare alla “Rivoluzione” di ottobre, ma a una decolonizzazione dell’immaginario. È un processo molto più lungo ma necessario. Non si fa questo dall’oggi al domani. E non si fa allo stesso modo nel Texas o nel Chiapas. Si deve rovesciare il paradigma. Dobbiamo trattare la natura come un giardiniere: se distruggiamo la natura, distruggiamo noi stessi».I detrattori della sua teoria sostengono che la globalizzazione, anche dei consumi, ha aiutato molte persone nel mondo a uscire dalla povertà. «Che cos’è la globalizzazione? È la guerra di tutti contro tutti. È un gioco al massacro su scala globale. Abbiamo, per esempio, distrutto l’agricoltura cinese: ci sono 800 milioni di contadini senza terra. L’arricchimento tocca 150 milioni di cinesi e gli altri? La miseria in Cina è a un livello incredibile. Ci sono milioni di operai che lavorano 12 ore al giorno e milioni che non lavorano. Si deve lavorare meno per vivere meglio. Bisogna riscoprire che la vita non è l’economia. Ci sono altre dimensioni importanti. Non si tratta di abolire il mercato, ma la mercificazione di alcune cose come il lavoro. La terra non è una merce, ma un dono di Dio.

Per aiutare lo sviluppo sostenibile Papa Francesco ha apertamente appoggiato “L’economia di comunione” che avrà futuro se viene donata a tutti e non resterà solo dentro la nostra ‘casa’. Essa va donata a tutti, e prima ai poveri e ai giovani, che sono quelli che più ne hanno bisogno, perché “il denaro non salva se non è accompagnato dal dono della persona”: “Il capitalismo conosce la filantropia, non la comunione. È semplice donare una parte dei profitti, senza abbracciare e toccare le persone che ricevono quelle ‘briciole’. Invece, anche solo cinque pani e due pesci possono sfamare le folle se sono la condivisione di tutta la nostra vita. Nella logica del Vangelo, se non si dona tutto non si dona mai abbastanza. Il ‘no’ ad un’economia che uccide deve diventare un sì ad una economia che fa vivere, perché condivide, include i poveri, usa i profitti per creare comunione.