Diocesi
Un campeggio di evangelizzazione
“LA MISURA DELL’AMORE È L’AMORE SENZA MISURA”, il titolo che abbiamo proposto è la sintesi di una settimana passata a Canale d’Agordo nella casa diocesana di S. Giulia con 32 ragazzi, 5 animatori (18-23 anni), 2 animatori (27 anni) , 1 educatore adulto, 3 cambusieri e 2 preti.
Un campeggio che è stato importante, perché ha visto per la prima volta, dopo decenni, due realtà diocesane collaborare insieme, Parrocchia Studentesca e Ufficio Oratori e Sport, per offrire 7 giorni, dal 10 al 16 luglio, all’insegna dell’accoglienza di sé, degli altri e di Dio nella vita di ognuno.
Tante storie si sono intrecciate in questi giorni: esperienze condivise di persone diverse, provenienti da quartieri differenti, dal nord al sud della nostra città di Livorno; ragazzi di parrocchie diverse. Ragazzi che per la prima volta hanno partecipato ad un’esperienza del genere e altri che avevano un’esperienza pluriennale. È importante sottolineare un aspetto che spesso diamo per scontato, ma che per noi non lo è stato, perché visibile: è stato un campeggio sostenuto dall’azione di Dio che lo ha voluto e ci ha guidato dalla preparazione alla sua realizzazione. Era infatti il mercoledì delle ceneri il giorno in cui il Vescovo Simone ci ha messo davanti alla scelta che le due proposte di campeggio dei due “uffici” sarebbero state svolte nella stessa struttura. Da qui l’entusiasmo e la consapevolezza di fare una cosa nuova, l’impegno di tutti per coinvolgere ragazzi che hanno vissuto e abitudini diverse, ma anche la consapevolezza di creare un’equipe rinnovata, che era abituata a organizzare e vivere i campeggi in modo diverso e che ora si trovava a scoprire una nuova modalità. La prima sfida, infatti, è stata quella della comunione: se non avessimo raggiunto la comunione, non saremmo stati testimoni di quella Chiesa, che amata e unita dall’azione dello Spirito Santo, si apre all’umanità senza distinzione, ma accogliendola con l’Amore di Cristo.
Potremo dire che il tema del campeggio, che è stato l’Amore, quindi sull’affettività, come si evince dal titolo di questo articolo, è stato prima di tutto un’esigenza per noi che lo abbiamo organizzato: è stato bello vedere i ragazzi degli oratori unirsi agli animatori scelti dalla parrocchia studentesca e creare tra loro complicità. È stato bello sostenersi nei momenti di sconforto davanti a dei ragazzi ribelli, figli di questo tempo, tra animatori, educatori e preti. È stata bella la comunione mostrata dai due preti che hanno saputo integrarsi a vicenda e soprattutto pregare insieme per questi ragazzi.
Tante cose potremmo dire, ma la cosa più bella è stata vedere lo sguardo dei 32 ragazzi che risplendeva con la luce del tramonto del 16 luglio, gli stessi guardi che, invece, erano partiti più spenti all’alba del 10 il giorno della partenza. Questa gioia è stata il segno della speranza. Una gioia che ci fa dire: “vogliamo riprovarci!”. Una gioia che ci dice che l’evangelizzazione non è una questione troppo difficile e che è più semplice attuarla che pensarla, costruendo ponti dove di solito si mettono i muri. Basta mettere insieme un gruppo di persone di ogni generazione e di esperienze diverse, credenti e non credenti, dove ognuno è chiamato a testimoniare solo chi è, per potere fare un’esperienza straordinaria.
Beh! Potreste dire che la faccio facile. In parte sì, ma è quello che abbiamo vissuto in questo campeggio, dando finalmente una possibilità, a chi non l’avrebbe mai avuta, di vivere 7 giorni di testimonianza di cristiani, che hanno dato loro tutto per educarli e aiutarli a guardare la realtà che vivono in modo diverso, con occhi nuovi.
La domanda che sento nascere è: quanti si sono convertiti? La mia risposta è: non lo so. In realtà non sta a noi guardare alle conversioni, quelle sono opera di Dio, che agisce come e quando vuole. A noi la consapevolezza di aver gettato un seme buono, fatto di amore, accoglienza, educazione e fraternità; avere gettato il seme, che è Gesù Cristo, l’unico che ci ama indipendentemente da noi e dalle nostre storie. Proprio così! E questo è ciò che abbiamo voluto trasmettere ai 32 ragazzi che ci sono stati affidati, e soprattutto ricordarlo a noi stessi.