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Incontrare Dio attraverso le canzoni pop
“Ti aspetterò perché sei tu che porti il sole”
Siamo sempre, quasi da sempre a caccia di sole. Chiunque, in qualunque stato e condizione di vita si trovi, non può non cercare, non può non bramare luce per la sua vita. Ciascuno di noi ha bisogno del sole. Meglio, ciascuno di noi ha il desiderio e la speranza, profondamente umana, di incrociare il proprio sguardo con qualcuno che porti il sole nella sua esistenza. Anche tu, caro amico/a, per essere luminoso/a hai bisogno di qualcuno che ti possa illuminare!
E così, la vita diventa e prende la forma di un’attesa. Ogni giorno, passiamo minuti, a volte ore, ad attendere. Secondo alcuni filosofi, ancor più radicalmente, tutta la vita dell’uomo può essere riletta come un’attesa: aspettare di nascere, crescere, il primo giorno di scuola, il primo lavoro, il primo amore…Verrebbe da dire che l’uomo è un essere che attende. Ha bisogno di attendere. Verrebbe, però, da chiedersi: Chi attende? Come attende?
“Ti aspetterò perché sei tu che porti il sole e non c’è niente al mondo di migliore di te, nemmeno vincere un milione”
La canzone, verso il ritornello, sembra offrirci un’indicazione. Non si aspetta qualcosa. Le cose passano. Anzi, in questo mondo passano ancora più velocemente. Ogni anno arriva il nuovo modello di smartphone o di auto. In questa nostra epoca, attendere le cose significa diventare sempre più vecchi: tutto si evolve così rapidamente da lasciarci sempre indietro. L’unica alternativa, al contrario, non è aspettare qualcosa ma aspettare qualcuno: passare da un che cosa a un chi. Solo lo sguardo di qualcuno che ci ama riesce a rendere la nostra vita migliore. Solo incrociare i miei occhi ai tuoi mi fa vincere un milione. Amo ergo sum: amo e, grazie a questa forza, esisto.
“E poi ti stringo forte, questa volta non sfuggi. Non ti perderò più”
Insomma, nelle vicissitudini quotidiane ciascuno di noi ha bisogno di stringere qualcuno e di sentirsi a casa, soprattutto quando i venti imperversano e il cielo sembra minacciare tempesta. Qui sta il bello della fede: in questo sentirsi a casa, c’è Dio. Non a caso, Dio si è fatto uomo e, come celebriamo mirabilmente nel mistero del Natale, bambino. Carne tenera e fragile, che tu puoi abbracciare. Non a caso, Dio si è fatto Eucaristia. Pane spezzato altrettanto fragile, che tu puoi mangiare ed accogliere. Doni sublimi che rispondono alla nostra domanda di amore, mettendo nelle mani del Padre ogni nostro giorno. E allora l’attesa si fa compimento: lì c’è Dio! Non sei solo/a!