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AL VIA A PADOVA LA 69ª SETTIMANA DI AGGIORNAMENTO PASTORALE
Al via ieri la 69ª Settimana di aggiornamento pastorale promossa dal Centro orientamento pastorale (Cop) dal titolo “Parrocchie senza preti. Dalla crisi delle vocazioni alla rinnovata ministerialità laicale”. Un tema cogente per la Chiesa italiana, che si trova un po’ in ritardo a leggere segni dei tempi che iniziavano a far registrare un calo delle vocazioni fin dal Concilio. Sul tavolo tante domande, ha sottolineato il segretario del Cop, don Antonio Mastantuono, come pure la necessità di trovare soluzione percorribili e pensate rispetto a una comunità ecclesiale che spesso è ricorsa «a soluzioni cerotto piuttosto che avviare una riflessione». Quale presbitero e per quale comunità? Come favorire un laicato che si riappropri delle funzioni che gli derivano dal Battesimo? Quale modello di parrocchia?
Domande che si moltiplicano di fronte ai numeri di una Chiesa italiana che negli ultimi trent’anni ha registrato un evidente invecchiamento del corpo clericale, collegato al calo delle vocazioni, e che si confronta con un aumento del pluralismo religioso e con un cattolicesimo (a cui si dichiara appartenente un 75% della popolazione) che marcia su diversi binari. A fare il quadro il sociologo Franco Garelli, di cui è prossima la pubblicazione di un’indagine sulla religiosità degli italiani, che ha puntato i riflettori su tre aspetti: la riduzione del clero, lo scenario religioso in cui si trova a operare, le sfide per la Chiesa di un domani molto ravvicinato.
Il macro dato è che il clero italiano, negli ultimi 30 anni, è calato del 16%, (i preti diocesani erano circa 38mila nel 1990 sono 32.036 oggi), ma con grandi ed evidenti differenze territoriali: il Nord registra una riduzione del 27% (con situazioni preoccupanti in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna dove si sfiora un -32/35%) a cui fa seguito un -12% nelle regioni ecclesiastiche del Centro Italia. Unico dato positivo al Sud con una crescita del 3/4%, un clero più giovane, più dinamico e coeso (l’età media è di 55-56 anni a fronte dei 65 anni del Nord, ma non va dimenticato che un terzo dei sacerdoti in Italia è over 70). Ai numeri fa il paio la lettura sociologico-religiosa: il Sud registra una religiosità più accentuata (spesso di matrice popolare o devozionale) e un maggior consenso ecclesiale rispetto a un Centro-Nord più secolarizzato. Quello che è certo, sottolinea Garelli, e su cui la Chiesa e il clero dovrebbero interrogarsi rispetto a ruoli e azioni pastorali è che è ancora forte l’appartenenza identitaria: se è evidente il moltiplicarsi del pluralismo religioso, è altrettanto chiaro che tra i cattolici c’è una metà circa che lo è per educazione e cultura, ma che evidenzia una richiesta importante, da non sottovalutare: «Una grande domanda di senso, una richiesta di nutrimento ». A fronte non tanto di una crisi del clero ma di un clero che a volte ha difficoltà nel «proporre un discorso sull’uomo che sia significativo per la coscienza moderna».