60° dell’Ufficio Catechistico Nazionale

Papa Francesco ha incontrato l’Ufficio Catechistico Nazionale in occasione del 60° anniversario della sua costituzione. Tra gli invitati anche mons. Giusti che per molti anni ha fatto parte dell’ufficio. Il vescovo Simone, incontrando il Pontefice lo ha invitato nuovamente a venire a Livorno, e papa Francesco ha ricordato ancora una volta come suo padre conoscesse la nostra città e spesso gli cantasse una canzone che parlava proprio della città labronica. Il Pontefice non ha promesso di venire a Livorno, ma certo quando finirà la pandemia, dalla Curia e dal Comune di Livorno partirà la lettera di invito per una visita ufficiale.

“Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve tornare al Convegno di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare”. 

Questo annuncio di un “processo” di Sinodo nazionale italiano è stato dato oggi da papa Francesco ricevendo in udienza i partecipanti all’Incontro promosso dall’Ufficio Catechistico nazionale della Conferenza Episcopale Italiana.

Nel suo discorso il Pontefice ha ribadito anche che il Concilio Vaticano II “è magistero della Chiesa”. E quindi, ha detto, “o tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa. Dobbiamo in questo punto essere esigenti, severi”. 

QUI IL TESTO DEL DISCORSO DEL PAPA

Nel suo discorso il pontefice ha innanzitutto ringraziato il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, per le sue “cortesi parole” di saluto (QUI LE PAROLE DI BASSETTI). Poi si è rivolto al Segretario Generale, il vescovo Stefano Russo, e a tutti i presenti, manifestando la gioia di “condividere con voi il ricordo del 60° anniversario della nascita dell’Ufficio Catechistico Nazionale”, che, “istituito ancora prima della configurazione della Conferenza episcopale”, è stato “strumento indispensabile per il rinnovamento catechetico dopo il Concilio Vaticano II”. 

Papa Francesco ha quindi voluto condividere tre punti che possono aiutare l’Ufficio nel lavoro dei prossimi anni: catechesi e kerygma; catechesi e futuro; catechesi e comunità. Il Pontefice ha innanzitutto ribadito che la catechesi è “l’eco della Parola di Dio”, è “l’onda lunga della Parola di Dio per trasmettere nella vita la gioia del Vangelo”. Così grazie alla narrazione della catechesi, “la Sacra Scrittura diventa ‘l’ambiente’ in cui sentirsi parte della medesima storia di salvezza, incontrando i primi testimoni della fede”. La catechesi poi è anche “un percorso mistagogico, che avanza in costante dialogo con la liturgia, ambito in cui risplendono simboli che, senza imporsi, parlano alla vita e la segnano con l’impronta della grazia”. Francesco ha ricordato che “il cuore del mistero è il kerygma, e il kerygma è una persona: Gesù Cristo”. 

La catechesi quindi è “uno spazio privilegiato per favorire l’incontro personale con Lui”, ed è per questo che “va intessuta di relazioni personali”. Infatti “non c’è vera catechesi senza la testimonianza di uomini e donne in carne e ossa”.

E in questa ottica i primi protagonisti della catechesi sono i catechisti, “messaggeri del Vangelo, spesso laici, che si mettono in gioco con generosità per condividere la bellezza di aver incontrato Gesù”. Ma una buona catechesi, sottolinea il Papa richiamando l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, deve esprimere “l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e religiosa, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, e un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche”.

E ciò esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: “Vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna”. È questa “l’intera geografia dell’umanità che il kerygma, bussola infallibile della fede, aiuta a esplorare”. I catechisti, ha poi insistito il Papa, devono imparare a trasmettere la fede “in dialetto”, cioè in “quella lingua che viene dal cuore, che è nata, che è proprio la più familiare, la più vicina a tutti”. Infatti “se non c’è il dialetto, la fede non è trasmessa totalmente e bene”. 

E’ affrontando il secondo punto del suo discorso, catechesi e futuro, che papa Francesco ha ribadito il carattere vincolante del Concilio Vaticano II. “Il Concilio – ha insistito – non va negoziato, per avere più di questi… No, il Concilio è così” . “Per favore – ha aggiunto – nessuna concessione a coloro che cercano di presentare una catechesi che non sia concorde al magistero della Chiesa”. Il Pontefice ha anche esortato a non “aver paura di parlare il linguaggio delle donne e degli uomini di oggi” e di non “aver paura di elaborare strumenti nuovi: negli anni settanta il Catechismo della Chiesa Italiana fu originale e apprezzato; anche i tempi attuali richiedono intelligenza e coraggio per elaborare strumenti aggiornati, che trasmettano all’uomo d’oggi la ricchezza e la gioia del kerygma, e la ricchezza e la gioia dell’appartenenza alla Chiesa”. 

Infine il terzo punto: catechesi e comunità. Infatti la catechesi e l’annuncio hanno “al centro” la “dimensione comunitaria”. Non è questo “il momento per strategie elitarie”. Infatti “non si può andare avanti fuori del santo popolo fedele di Dio, il quale – come dice il Concilio – è infallibile in credendo”. Invece, ha sottolineato il Papa, “cercare appartenenze elitarie ti allontana dal popolo di Dio, forse con formule sofisticate, ma tu perdi quell’appartenenza alla Chiesa che è il santo popolo fedele di Dio”. Per Francesco “questo è il tempo per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno”. 

È il tempo “di comunità missionarie, libere e disinteressate, che non cerchino rilevanza e tornaconti, ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è al margine”. È il tempo “di comunità che guardino negli occhi i giovani delusi, che accolgano i forestieri e diano speranza agli sfiduciati”. È il tempo “di comunità che dialoghino senza paura con chi ha idee diverse”. È il tempo “di comunità che, come il Buon Samaritano, sappiano farsi prossime a chi è ferito dalla vita, per fasciarne le piaghe con compassione”.

E qui papa Francesco ha ricordato quanto da lui affermato nel 2015 al Convegno ecclesiale di Firenze, è cioè del suo desiderio di vedere una Chiesa “sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti”, una Chiesa “lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza”. Con l’invito a “incominciare un processo di Sinodo nazionale”.

In occasione dell’incontro, il Papa ha consegnato ai catechisti un chirografo (scritto autografo), con il seguente testo: “Cari catechisti, vi chiedo di non perdere entusiasmo. Come gli artigiani, anche voi siete chiamati a plasmare l’annuncio con creatività. Non cedete allo scoraggiamento e allo sconforto. Puntate sempre in alto, sostenuti dalla misericordia del Padre. Il Papa v’incoraggia e vi sostiene”.

Il chirografo recita così: “Cari catechisti, vi chiedo di non perdere entusiasmo. Come gli artigiani, anche voi siete chiamati a plasmare l’annuncio con creatività. Non cedete allo scoraggiamento e allo sconforto. Puntate sempre in alto, sostenuti dalla misericordia del Padre. Il Papa v’incoraggia e vi sostiene”. – Vatican Media